Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Il formaggio senza latte
non è mai esistito

di Federico Garimberti

Mettete per un attimo da parte Tsipras che pallido in volto lascia il summit europeo con in tasca un umiliante piano lacrime e sangue imposto da Frau Merkel. Ignorate momentaneamente l'egoismo di Budapest, Varsavia o Londra che, di fronte a migliaia di migranti in fuga da guerre o povertà, erigono muri di filo spinato o si voltano dall’altra parte.
E pensate per un attimo al fatto che, come se tutto ciò non bastasse, anche l’altra faccia dell’Europa - quella del progresso e del benessere di cittadini e consumatori - appare ai più solo un pallido ricordo. Il suo posto, nell’immaginario collettivo, è stato preso da un’Europa miope e asservita alle multinazionali, che ha progressivamente ingrassato le fila degli euroscettici e deluso quanti, ad un’Unione fondata su principi comuni, credeva e crede ancora.
È l’Europa ‘matrigna’ che impone il "formaggio senza latte", proibisce le vongole "micro" dell’Adriatico, "tassa" l'aria condizionata. E poco importa che nessuna delle tre notizie sia vera. Ciò che conta è che l'immagine dell’Ue, da anni ormai è in caduta libera. Un crollo di consensi che dipende più dalla cronica incapacità di spiegare i vantaggi dello stare insieme con regole condivise che dal braccio di ferro sul debito di Atene o dalla scarsa solidarietà dei singoli governi nell'accoglienza dei profughi.
Prendete i rilievi della Commissione contro la legge italiana che vieta l'uso del latte in polvere nei prodotti caseari, passata agli onori della cronaca con l’efficace slogan della Coldiretti: “un diktat per imporci il formaggio senza latte".
La campagna stampa dell'associazione dei coltivatori ha fatto passare in secondo piano il fatto che l'eurogoverno, rimuovendo un divieto lesivo della concorrenza, potrebbe fare gli interessi delle imprese italiane.
Senza quel vincolo, come ben spiegato da ilfattoalimentare.it, le aziende casearie avrebbero finalmente la possibilità di usare una piccola quantità di latte in polvere - già presente in decine di prodotti che consumiamo abitualmente - per ottimizzare i formaggi industriali, evitando di ricorrere a tecniche costose e poco efficaci. Il tutto senza che il parmigiano o la mozzarella di bufala corrano alcun rischio visto che proprio le norme Ue impongono per i formaggi tipici l'uso del latte fresco.
Discorso simile vale per la "tassa sul caldo" (copyright de 'Il Giornale'). Il (presunto) balzello è figlio di una norma varata dal governo Monti che, in ottemperanza a una direttiva Ue, impone controlli periodici per verificare l'efficienza degli impianti di condizionamento.
Le nuove disposizioni riguardano soltanto gli ambienti di grandi dimensioni, come centri commerciali e uffici. Ma è bastato che alcune associazioni di consumatori gridassero alla "stangata sull'aria fresca" per portare nuovamente l'Europa sul banco degli imputati, nonostante l'intento della direttiva sia unicamente quello di proteggere l'ambiente e - aspetto non secondario - ridurre le bollette degli utenti.
L'ultima polemica estiva nasce dal divieto di pesca per le vongole con diametro inferiore a 25 millimetri e atterra sulle tavole italiane spinta dalla giusta preoccupazione degli allevatori di molluschi nostrani che, per fattori naturali, non crescono più come prima. Proteste che hanno un qualche fondamento nel mancato adeguamento dei parametri Ue alle mutate condizioni dell'ecosistema dell'Adriatico. Nessuno, però, si è preoccupato di ricordare che i 25 millimetri non sono il capriccio di qualche euroburocrate teso a favorire le vongole importate, ma piuttosto il risultato di studi scientifici - commissionati dai Paesi membri, Italia compresa - al solo scopo di salvaguardare la riproduzione dei molluschi e con essa il futuro dei 'vongolari'.
Questi pochi esempi - ma la lista potrebbe essere ben più lunga - mettono in luce un aspetto troppo spesso trascurato nel dibattito sul futuro dell'Unione europea: quello della comunicazione.
È difficile negare gli enormi benefici che i cittadini - soprattutto in Italia - hanno tratto dall'acquis comunitario. Basti pensare ai progressi sul fronte della tutela dei diritti dei consumatori, della sicurezza alimentare, della salvaguardia ambientale. Per smentire alcuni luoghi comuni sull'Europa asservita a banche e multinazionali basterebbe ricordare le normative comunitarie che proibiscono le clausole vessatorie nei contratti bancari o gli interventi nel settore delle Tlc (dalla portabilità del numero di telefono al tetto sul roaming).
Sono centinaia le direttive e i regolamenti che hanno migliorato la vita di tutti noi, ma - Erasmus a parte - il grande pubblico ne sa poco o nulla. Il motivo è semplice: l'Unione è il bersaglio ideale di governi e partiti quando le cose vanno male ("È colpa di Bruxelles se non possiamo tagliare le tasse, non dell'incapacità a ridurre la spesa pubblica"), ma non le viene mai riconosciuto il merito quando risolve i problemi: la discarica di Malagrotta è stata finalmente chiusa grazie ad una direttiva comunitaria.
La verità è che i leader del Vecchio Continente hanno sempre meno interesse a dirsi europeisti. Men che meno sono disposti a difendere decisioni che (apparentemente) vanno contro gli interessi dei propri concittadini.
La miopia di questo atteggiamento rischia però di costare molto cara. Non si tratta di questioni secondarie. Poche cose sono più dannose per l'Europa dell'essere vista come un covo di burocrati lontani dagli interessi dei cittadini e succubi delle lobby. Un'immagine disastrosa che certo non gioverà nel momento in cui si dovranno prendere decisioni sul destino dell'Unione e dell'euro.
Perché mai italiani, francesi, irlandesi o polacchi dovrebbero auspicare un'ulteriore integrazione che conceda maggiori poteri a miopi funzionari che bandiscono gli spaghetti alle vongole e tassano l'aria condizionata? I leader europei, se vogliono davvero cambiare la percezione dell'Europa, dovrebbero capire che i cittadini sono più preoccupati dall'idea di mangiare "formaggio senza latte" che non della sorte di Tsipras.

(da www.affarinternazionali.it)

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