Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Maurizio Maggiani
e il Romanzo
della Nazione

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

Maurizio Maggiani <br> e il Romanzo <br> della Nazione

“IL ROMANZO DELLA NAZIONE” DI MAURIZIO MAGGIANI

Siamo storie, siamo le storie a cui abbiamo appartenuto, siamo le storie che abbiamo ascoltato. E infatti, nel libro “Il Romanzo della Nazione” (Feltrinelli), Maurizio Maggiani ascolta. Ascolta il fiume di voci che si leva nel canto della nazione che avremmo potuto essere e che non siamo, le voci di un popolo rifluito dentro l’immaterialità della memoria. Si insinua nelle pieghe della vita apparentemente ordinaria dei suoi personaggi e racconta. Racconta di una madre e di un padre che si spengono portando con sé, prima nella smemoratezza e poi nella morte, un mondo di certezze molto concrete: la cura delle cose, della casa, dei rapporti parentali. Rammenta la fatica giusta (e ingiusta) di procurarsi il pane e di stare appresso a sogni accesi poco più in là, nella lotta politica, nella piana assolata quando arriva la notizia della morte di Togliatti. Racconta, allestendo un maestoso teatro narrativo, della costruzione dell’Arsenale Militare: un cantiere immenso, ribollente, dove accorrono a lavorare ingegneri e manovali, medici e marinai, ergastolani e rivoluzionari, cannonieri e fonditori, inventori e profeti, cuoche e ricamatrici, per spingere avanti destini comuni, avventure comuni, speranze in comune. Racconta di come si diventa grandi e di come si fondano speranze quando le speranze sono finite. Mai si era guardato negli occhi di un padre così a fondo per domandare una sorta di muto perdono, più grande della vita. Nella mitica contea di Maggiani ci siamo tutti, a misurare quanto siamo stati, o meno, “fondatori di nazioni”.

 

BIANCA BARATTELLI INSEGNA A “SCRIVERE BENE”

Nella vita scrivere bene è un ottimo biglietto da visita, ancora di più da quando l’era digitale ha moltiplicato i nuovi usi della scrittura. “Scrivere bene. Dieci regole e qualche consiglio” di Bianca Barattelli (Il Mulino, euro 14, pp. 216) è un libro che fornisce una cassetta degli attrezzi utili per gestire al meglio l’espressione scritta. Si troveranno numerosi precetti e consigli pratici alla portata di tutti: come organizzare e presentare al meglio un testo, quali regole seguire per rendere più efficace e personale la scrittura, come arricchire il proprio vocabolario, come usare con successo gli strumenti della retorica. L’autrice insegna italiano e latino nei licei. Ha insegnato a lungo lingua e cultura italiana presso le Università di Cracovia, Tubinga e Monaco di Baviera. Tra i suoi libri: “I ferri del mestiere” (con S. Brugnolo, Loescher, 1994) e “Guida alla scrittura” (Vallardi, 2000).

 

ECO E FEDRIGA RACCONTANO “LA FILOSOFIA E LE SUE STORIE”

Fichte, Schelling e soprattutto Hegel disegnano, agli inizi dell’Ottocento, i grandi sistemi del pensiero idealista che culminerà con la rivoluzione materialista di Marx, con il positivismo e le filosofie che, come quella di Schopenhauer e Nietzsche, metteranno in crisi le grandi visioni unitarie del pensiero. L’Ottocento è anche l’età della scienza, con Darwin, la logica formale, la rivoluzione della termodinamica e le geometrie non euclidee e il secolo in cui si sviluppano le scienze umane: linguistica, antropologia, psicologia, sociologia. La filosofia novecentesca, segnata dalle riflessioni sul linguaggio, si articola nella pluralità delle grandi tradizioni, dal neokantismo alla fenomenologia, dallo storicismo alla filosofia analitica, dal neoidealismo all’esistenzialismo, dalla psicoanalisi ai marxismi, dalla semiotica allo strutturalismo, dalle teorie sull’intelligenza artificiale alle riflessioni contemporanee su etica e giustizia, sino alle neuroscienze cognitive e alla bioetica. Un percorso ricostruito da Umberto Eco e Riccardo Fedriga in “La filosofia e le sue storie. L’età contemporanea” (Laterza, pp. 656, euro 34).

 

ERASMO: “LA GUERRA PIACE A CHI NON LA CONOSCE”

Dagli “Adagia” Sellerio ha tratto “La guerra piace a chi non la conosce” (a cura di Davide Canfora, pp. 160, euro 10), una lunga e appassionata riflessione sulla guerra dove Erasmo da Rotterdam affronta una questione fondamentale: la guerra può essere giusta? La violenza può essere giustificata? Sulla guerra, la più ampia e pensosa riflessione degli “Adagia” – l’immenso commento ai proverbi classici, e medievali, con cui Erasmo getta il seme della tolleranza in tempi che vedono avvicinarsi il bagno di sangue delle guerre di religione – è costituita dalla discussione sul motto di Vegezio “Dulce bellum inexpertis”, in cui il grande umanista cristiano sviluppa un anticipatore sistema pacifista, svolgendo argomenti sul perché la guerra giusta semplicemente non esiste. “Di fronte al meccanismo più perverso e distruttivo escogitato dalla mente umana – osserva il curatore Davide Canfora – l’unico antidoto possibile, dal punto di vista del letterato e sacerdote Erasmo, è rappresentato dalla parola”. (Red)

 

PER FAZI “CITTA’ AMARA” DI LEONARD GARDNER

“‘Città amara’ è il rovescio del sogno americano”, scrive Joyce Carol Oates. È proprio al sogno di fama e ricchezza, però, che guardano Ernie Munger, giovane pugile di deboli ma ancora non sopite speranze, e Billy Tully, duramente provato dalle delusioni subite dentro e fuori dal ring. Entrambi vivono nella piccola città di Stockton, in California, frequentano la stessa palestra e sperano di poter prima o poi conquistare un posto al sole nel circuito dei professionisti. Ernie e Billy si conoscono appena ma le loro vite, come quelle di molti altri del giro, procedono inciampando negli stessi passi falsi, tra amori sfortunati, lavoretti precari e sbornie colossali consumate in squallidi bar. Con uno stile asciutto e privo di sentimentalismi, Leonard Gardner tratteggia mirabilmente il lato oscuro della boxe, popolato da quei proletari dei guantoni che si muovono nelle pieghe di un’America opulenta e vincente, troppo spesso dimentica di quanti non ce la fanno e restano indietro. Fazi editore propone un classico della letteratura sulla boxe, pubblicato nel 1969 e successivamente divenuto un film di culto diretto da John Huston (traduzione a cura di Stefano Tummolini, pp. 266, euro 17.50).

 

(© 9Colonne - citare la fonte)