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direttore Paolo Pagliaro

La democrazia
fondata sul leader

di Paolo Pagliaro

(15 gennaio 2016) Discutiamo di parlamenti, elezioni, partiti come se fossero ancora i pilastri della vita politica. Ma stiamo perdendo tempo, avverte il professor Mauro Calise, perché anche nella nuova Italia, così come negli altri grandi paesi, il potere ora è nelle mani di un uomo solo, un leader, un capo. Ai partiti restiamo debitori delle principali conquiste che abbiamo alle spalle. Ma per scrutare e navigare l’orizzonte, la loro bussola, sostiene Calise, serve ormai a poco. Per tutte le domande che contano, la risposta la troveremo in quella che il politologo napoletano chiama la “Democrazia del leader” (titolo del libro appena pubblicato da Laterza).

Ragionando sul renzismo, il professore osserva che il suo principio costitutivo elementare è dato dalla fiducia nel capo. Non contano, almeno per ora, i risultati che il capo è in grado di conseguire, ma quelli che fa intravedere. La mèta non consiste nella destinazione ma nel viaggio. Operazione ad alto rischio, perché prima o poi, anche per Renzi arriverà il tempo del raccolto. La cosiddetta prova dei fatti. Ma come la storia insegna e come Calise fa notare, la forza delle democrazie sta nella loro capacità di decretare un vincitore, molto più che di scegliere il migliore. Questa versione italiana della democrazia del leader appare un passo avanti a Calise e invece un passo indietro, anzi un pericoloso azzardo a Marco Revelli, studioso che si oppone al renzismo definito come populismo al governo. Nel saggio titolato “Dentro e contro” (Feltrinelli), Revelli su un punto però concorda con Calise, e cioè che il decisionismo di Renzi non sia legittimato dai contenuti, ma dal metodo. Decidere per decidere. Decidere in fretta. Anzi, fare in fretta anche senza decidere, perché comunque quello che conterà – ai fini del consenso - non sarà un fatto concreto ma piuttosto il racconto di un fare.

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