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direttore Paolo Pagliaro

Siamo proprio sicuri
che Brexit sia un male?

di Paolo Pagliaro

(24 febbraio 2016) Lungi dal rappresentare un dramma per l’Unione, l’ipotesi di un’uscita della Gran Bretagna sarebbe al contrario una benedizione per l’economia europea e per i paesi che vogliono proseguire sulla strada dell’integrazione. 
Questa tesi decisamente dissonante rispetto al clima un po’ funereo che accompagna l’approssimarsi del referendum  inglese di giugno, è esposta sul quotidiano Le Figaro dal saggista Edouard Tétreau, che dà voce a umori  sempre più diffusi e non solo in Francia. Afferma Tétreau, liberista e sostenitore del progetto di Stati Uniti d’Europa, che l’uscita della Gran Bretagna sarebbe un vantaggio per almeno tre motivi.
Il primo è che metterebbe fine al movimento d’allargamento a tappe forzate intrapreso dall’Unione europea, una politica che il Regno Unito ha sempre incoraggiato per indebolire la centralità della coppia franco-tedesca.
La seconda ragione è che con l’uscita del Regno Unito dall’Unione, l’Europa riscoprirebbe una politica estera più vicina ai suoi interessi e ai suoi valori. Cosa non che non è accaduta con la guerra in Iraq sostenuta da Tony Blair. Senza Londra, sarebbe più praticabile la via del dialogo con la Russia, sulla falsariga dello storico accordo fra papa Francesco e il patriarca di Mosca. E sarebbero più fecondi i rapporti diplomatici con il mondo arabo, da rilanciare e reinventare dopo l’accordo con l’Iran. La terza ragione per cui l’uscita di Londra dall’Unione non dovrebbe spaventarci, è che le nuove norme, barriere e tasse provocherebbero una fuga di banche e capitali dalla City, a beneficio di Parigi, Berlino e altre capitali del vecchio continente. Sarà anche per questo che ieri circa duecento top manager, in rappresentanza di oltre un terzo delle imprese britanniche, hanno lanciato un appello per la permanenza nell'Unione europea.

 

 

 

 

 

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