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direttore Paolo Pagliaro

Il debito di Roma
diventa di tutti?

Il debito di Roma <br> diventa di tutti?

di Paolo Pagliaro

(8 marzo 2016) Una cosa sicuramente il Campidoglio condivide con lo Stato, e cioè l’enormità dei rispettivi debiti. Se tutto andrà bene, se cioè Roma non fallirà prima, i cittadini della Capitale impiegheranno altri 48 anni per ripianare il buco di 13 miliardi e 600 milioni ereditato dalle spensierate gestioni degli ultimi vent’anni e non solo: basti pensare che la Capitale deve ancora pagare i terreni espropriati in occasione delle Olimpiadi del 1960.

Per restituire alle banche e alla cassa depositi e prestiti le anticipazioni che hanno consentito di evitare la bancarotta, i romani stanno versando l’addizionale Irpef più alta d’Italia ma stanno anche usufruendo di un contributo da parte dello Stato di 300 milioni l’anno.

Il debito è custodito in una sorta di bad company, un struttura commissariale che si occupa di smaltirlo un po’ alla volta. Ora però pare che l’ossigeno si stia esaurendo, tanto che è spuntata l’idea di trasferire il debito allo Stato, affogando almeno 5 miliardi del vecchio passivo capitolino negli oltre 2.100 miliardi del debito pubblico. Un’ipotesi avanzata qualche giorno fa sul Messaggero dall’ex commissario straordinario, Massimo Varazzani, e che non ha suscitato particolari reazioni. Solo l’economista Stefano Micossi oggi ricorda che tra il 2006 e il 2008 lo stato prestò al comune di Roma oltre 10 miliardi di euro per una operazione di consolidamento del debito accumulato dalle amministrazioni di centrosinistra, e si accollò il 60 per cento degli oneri per gli interessi. Negli anni successivi, sgravata di quel peso, l’amministrazione Alemanno riprese a gettare denaro e in un paio di occasioni convinse anche il governo amico ad abbuonare il pagamento della rata annuale. Ora si ripresenta l’idea di far pagare il conto a Pantalone.

(© 9Colonne - citare la fonte)