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direttore Paolo Pagliaro

Immigrazione, Marino: il Pd è lo strumento migliore per l’Europa

Due giorni di dialogo, confronto, riflessioni: due giorni di politica. Di politica genuina e vera, matura e riflessiva che non dimentica il passato ma che guarda con occhio attento al futuro: specie se sul tavolo del dibattito ci sono temi come immigrazione e integrazione. E’ questo il “sapore” che ha lasciato la 45esima Festa Europea de l’Unità. L’Edizione 2016 - evento organizzato dal Circolo Pd  Lussemburgo si è tenuta il  24 e 25 settembre al Parc du Gaalgebierg - Esch Sur Alzette. All’appuntamento non poteva mancare Eugenio Marino, responsabile nazionale PD per gli italiani nel mondo. “E’ stata una due giorni piena di significati - ha confermato Marino - dove è stato fatto un bilancio su cosa si è fatto e sulle tante cose ancora da fare”. La festa ha visto protagonista il "nuovo popolo in cammino oggi” . In primo piano dunque le politiche d’immigrazione dell’Unione europea e il ruolo del Pd: “lo strumento migliore che ha l’Europa a disposizione per realizzare queste politiche” sostiene Marino.

E’ appena rientrato dalla Festa Europea de l’Unità. Un bilancio?

E’ stata una festa splendida, perché è una festa difficile da ascrivere semplicemente come una Festa dell’Unità o una festa tra italiani in Lussemburgo. È un evento che raccoglie tutta la comunità lussemburghese. In entrambe le serate i tavoli erano tutti pieni, e ovviamente non tutti pieni di italiani . C’erano cittadini lussemburghesi, c’erano cittadini di tutta l’Europa, istituzioni locali e non solo. Quindi un successo sia di pubblico - in termini di presenza - sia di discussione e confronto. In tutto 14 ore di dibattiti.

Possiamo definirla una due giorni vivace?

Vivace e anche di alto livello sia per gli ospiti intervenuti sia per i relatori (da Cécile Kyenge a Giacomo Filibeck, da Andrea De Maria a Simona Tavani). C’è stata una lunga e interessante discussione, una discussione partecipata, una discussione molto incentrata sui contenuti, che sono spaziati dall’economia dei migranti fino all’integrazione europea. Abbiamo parlato a lungo di politica estera europea. La festa è stata veramente un successo da un punto di vista politico.

Ha sottolineato più volte la parola discussione. Pensa che in questo momento politico bisognerebbe tornare a confrontarsi un po’ di più? Questi eventi nascono anche per questo?

Sì, servono per questo. E la due giorni in Lussemburgo ha dimostrato di essere un utile momento di confronto e partecipazione. Abbiamo riflettuto su diverse questioni e ci siamo soffermati sul tema che ha dato il titolo alla festa: “Nuovi popoli in cammino – Un’Europa di ponti”. Quindi al centro del dibattito temi come emigrazioni, immigrazione, integrazione: non solo culturale e sociale. Ma anche l’integrazione politica dell’Unione Europea e degli stati europei, e quindi la politica estera dell’Unione Europea. In Lussemburgo, per esempio, c’erano personalità come Enrico Petrocelli del gabinetto del Commissario Mogherini, c’erano Marco Piantini che è il consigliere per l’Europa del presidente del Consiglio, Giacomo Filibeck che è il vice segretario generale del Pse. Quindi si è discusso molto e molto seriamente di politica estera europea e integrazione europea, in un’ottica chiaramente progressista di sinistra. Sono state importanti, in questo senso, le conclusioni che ha tirato  Filibeck, in qualità di vice segretario generale del Pse: ha illustrato non solo lo stato attuale del Pse ma anche le prospettive politiche del partito. Un partito progressista che deve dare una sua linea politica chiara e di sinistra all’interno dell’Europa, che è quella che, ad esempio, con il Partito Democratico stiamo perseguendo sia nel Pse sia da protagonisti in Europa: un maggiore superamento delle politiche dell’austerity, una maggiore flessibilità, la necessaria e vitale questione europea dell’integrazione e il fatto che tutta l’Europa deve farsi carico della questione immigrazione.

Sul tema immigrati gli appelli stanno arrivando dappertutto: l’Italia va aiutata.

Gli appelli sono del popolo e della società civile. Altra cosa sono i governi e le istituzioni. Tra i governi e le istituzioni, chi sta battendo i pugni sul tavolo in Europa per una seria politica di integrazione, sia delle persone sia degli stati all’interno dell’Europa è l’Italia, è il Pd all’interno del Pse.  Pse e Pd devono giocare un ruolo fondamentale nel futuro: cioè indirizzare la sinistra europea a una chiara politica di integrazione dei popoli – i popoli in cammino appunto – e degli stati, accelerando verso una maggiore presenza dell’Europa, e non verso una disgregazione dell’Europa, il superamento di Schengen, la ricostruzione di nuovi muri. Ecco, su queste questioni il Partito Democratico ha riflettuto nei due giorni di festa con le classi dirigenti locali e nazionali. Serve un partito radicato in Europa, servono politiche di integrazione: forse il Pd è lo strumento migliore che ha l’Europa a disposizione per realizzare queste politiche.

Mentre era in Lussemburgo è arrivato l’esito del referendum “Prima i nostri” nel Canton Ticino. Cosa ne pensa?

Il referendum dei frontalieri in Svizzera va nella direzione opposta al senso che ha avuto la Festa dell’Unità del Lussemburgo. E’ stato un referendum è antistorico, anacronistico, tanto è che uno simile c’è già stato qualche anno fa. La Festa dell’Unità del Lussemburgo è nata anni fa tra gli immigrati italiani ed è addirittura una festa della sinistra italiana in Lussemburgo. Oggi, dopo 45 anni consecutivi che si celebra, non è più possibile considerarla una festa di una parte degli immigrati italiani che vivono lì: è una festa della città. E’ una festa europea. Lì si ritrovano cittadini lussemburghesi, belgi, olandesi.  Si tiene in un parco cittadino (all’apertura c’era il sindaco della città, l’Ambasciatore, parlamentari lussemburghesi, esponenti del mondo sindacale lussemburghese): per questo è una festa europea e non perché arrivano i nostri segretari di circolo da tutta Europa.

Si avvicina la Settimana della lingua italiana nel mondo. Perché è ancora importante valorizzare la nostra lingua all’estero?

Perché la lingua è volano della cultura italiana. È un pezzo di proiezione del sistema-paese nel mondo. È anche uno strumento per quei milioni di italiani o decine di milioni di italo-discendenti per riconoscere le proprie radici, la propria provenienza e la propria identità, in un mondo che con la globalizzazione ha fatto perdere. Attraverso la lingua si va alla ricerca della radice, dell’origine. La diffusione della lingua italiana poi è fondamentale: la lingua è cultura. E  visto che l’Italia è un paese da sempre crogiuolo di lingue, popoli e razze allora riscoprire, valorizzare e diffondere questo patrimonio culturale significa anche diffondere una cultura dell’integrazione”.

(red  - 28 set)

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