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Ascoli Piceno, uno sgarbo
al capo della Polizia

Ascoli Piceno, uno sgarbo <br> al capo della Polizia

di Piero Innocenti

(28 marzo 2017) Un paio di giorni fa, ad Ascoli Piceno, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria alla Polizia di Stato per il contributo fornito nei soccorsi alle popolazioni terremotate, l'assenza, intenzionale, dei due comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di finanza, ha suscitato non poche perplessità e commenti sfavorevoli tra i presenti alla cerimonia (tutte le massime autorità della provincia e i questori della regione) e il comprensibile disappunto del Capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza Franco Gabrielli,  presente all'evento. Disappunto che il prefetto Gabrielli ha ritenuto, opportunamente, di esternare nel contesto del suo intervento, parlando dei "due signori" assenti e del loro sgarbo, presumibilmente dovuto alla non conoscenza della duplice funzione da lui rivestita non solo di Capo della Polizia (cioè vertice di un apparato omogeneo e gerarchizzato) ma anche di Direttore Generale della P.S. ( la dimensione funzionale, rivolta al coordinamento delle forze di polizia, non circoscritta ad un unico apparato) e, in quanto tale, capo anche di un Dipartimento ministeriale (appunto, della pubblica sicurezza le cui attribuzioni sono espressamente indicate nell'art.4 della Legge 121/1981) nel contesto del quale, peraltro, prestano servizio molti carabinieri e finanzieri,  a seguito delle direttive del Ministro dell'Interno.
Di questo ingiustificabile comportamento (è la prima volta che capita un fatto del genere) il Capo della Polizia ha osservato che "chiederà assolutamente conto nelle sedi opportune". Che saranno sicuramente i due comandanti generali. Nella capitale la sensazione che si rileva in alcuni ambienti istituzionali è che questo piglio e determinazione del Capo della Polizia (non le manda certo a dire!), unite ad una sua straordinaria esperienza di servizio e di conoscenza degli apparati ( anche dell'intelligence) e ad una sua importante presenza anche in molte realtà provinciali per rendersi conto di persona di situazioni operative e logistiche segnalate, stia provocando un certo "fastidio" ai vertici delle altre due forze di polizia. Pare che i Carabinieri, in particolare, mal sopportino, da molti anni, la primazia attribuita al Capo della Polizia dalla legge 121/1981 ("Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza") nel contesto del coordinamento delle forze di polizia e la funzione di autorità provinciale e locale di pubblica sicurezza esercitata, nelle province, dai funzionari (questori) provenienti dai ranghi della Polizia di Stato. Chissà come sarebbe andata se il Parlamento, nel corso dei suoi lavori negli anni Ottanta, non avesse abbandonato l'idea originaria di affidare il coordinamento ad una figura estranea a tutte le forze di polizia e, in quanto tale, ad essa effettivamente sovraordinata (il cosiddetto Segretario generale). Forse non ci sarebbero state tutte quelle frizioni che, da allora, vanno avanti in parte anche a causa di una legge che ha tratteggiato con pochi elementi anche il profilo di direttore generale della pubblica sicurezza. Ad Ascoli Piceno si è consumato certamente uno sgradevole episodio (speriamo isolato) che è anche un brutto segnale per la gente che si attende, da chi riveste ruoli così importanti di responsabilità di una forza di polizia in sede provinciale, comportamenti sempre improntati ad equilibrio e senso dello Stato. Mettendo da parte infondate e "infantili" gelosie in un contesto e in una città che voleva manifestare vicinanza alla Polizia di Stato, così come, in altre occasioni la si è dimostrata nei confronti di Carabinieri e Finanzieri.

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