Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

Al banchiere fallito
un premio milionario

di Paolo Pagliaro

Fa un certo effetto leggere che tra le condizioni poste dalla Commissione europea per autorizzare gli aiuti di stato alle banche italiane in affanno c’è anche quella che siano ridotti i bonus – cioè i premi – corrisposti ai manager degli istituti salvati.
Uno pensa che non sia ragionevole riconoscere un premio all’amministratore di un’azienda che sta fallendo. Ma evidentemente è un pensiero ingenuo.
Anni fa, quando le cose per le banche andavano bene, si diffuse l’uso di incentivi nella remunerazione dei manager: bonus in denaro, assegnazione di azioni, opzioni su azioni (le famose stock-option). Uno dei principali inconvenienti di questi strumenti – come fa notare Angelo Baglioni su lavoce.info - è che premiano il manager se ottiene risultati elevati, ma non lo penalizzano se fa disastri. Nel 2013, fu introdotta una regola europea secondo cui la parte variabile della remunerazione non poteva eccedere il 100 per cento di quella fissa; solo con il benestare dell’assemblea dei soci il limite poteva raggiungere il 200 per cento. Peccato che la regola abbia una falla, e cioè che il tetto si applica solo alle persone che siano identificate come “rilevanti”, cioè che possono avere un impatto significativo sui rischi assunti dalla banca. Ma chi decide quali sono le persone rilevanti? La banca stessa. Il risultato – scrive ancora Baglioni - è che il 14% dei manager che guadagnano almeno un milione di euro all’anno non è classificato come rilevante, quindi è esentato dal limite alla parte variabile della remunerazione. E così succede che nel settore gestione del risparmio il rapporto tra la parte variabile e quella fissa, per coloro che guadagnano almeno un milione, raggiunga mediamente il 468 per cento. Dove non si sa se sia peggio la regola europea o la malafede con cui molte banche la applicano.

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