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direttore Paolo Pagliaro

La Farnesina rassicura
i connazionali in Gb:
“Citizens first”

“Citizen first”: la prima preoccupazione dell’Italia nel negoziato con il Regno Unito sulla Brexit dovrà essere quella di tutelare i 600mila italiani residenti in Gran Bretagna, di cui la metà non iscritta all’Aire. Lo assicura in audizione in Senato il direttore generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Luigi Maria Vignali, spiegando appunto che “i diritti dei cittadini saranno la pietra angolare del negoziato. E’ una priorità politica anche temporale. Il negoziato dovrà essere concluso entro marzo 2018 e non avremo il tempo per tutto, ma dobbiamo chiudere al più presto questo capitolo”. Vignali spiega che l’Italia non è sola ad affrontare il negoziato, e che comunque il nostro paese ha molte leve su cui muovere: “A fronte dei 600mila italiani residenti ve ne sono altri 2,4 milioni di altre nazionalità, oltre agli 1,2 milioni di inglesi in continente, tutti con le stesse preoccupazioni: non siamo soli in questo negoziato. Il negoziato finanziario sarà uno dei più difficili, poi ci sarà il negoziato giuridico, gli interessi molteplici che ha la Gran Bretagna: sono molte le leve che abbiamo nel negoziato e noi metteremo tutto sul piatto”. L’ambasciatore Vignali, che insieme al sottosegretario Vincenzo Amendola si è recato a Londra e a Manchester a incontrare le comunità italiane, racconta che “tra le preoccupazioni maggiori ci sono quelle per gli italiani che sono residenti da poco nel Regno Unito, meno dei cinque anni richiesti per essere considerati residenti permanenti, o quelli che non hanno modo di dimostrarlo: sarà nostra preoccupazione assicurare loro un tempo transitorio sufficientemente lungo per ottenere i requisiti”. C’è poi la questione della presentazione di documenti: “Sappiamo che il modulo per la richiesta di residenza permanente ha 85 pagine, abbiamo ottenuto una semplificazione. Dovremo essere molto netti con la Gran Bretagna, quel formulario non era stato pensato per paesi dell’Unione Europea e i diritti acquisiti dai loro cittadini”. E ancora, in ballo c’è tutto il sistema di welfare: “Non è un mistero che ottenere l’assicurazione malattia in Gran Bretagna non è semplice e che è molto costosa, vogliamo essere molto netti su questi nel negoziato, sapendo che il Regno Unito ha l’interesse medesimo verso i propri cittadini all’estero. Lo stesso vale per l’unificazione delle pensioni. Per quanto riguarda i molti studenti italiani nel Regno Unito, che vogliono essere rassicurati sul riconoscimento dei titoli, vigileremo che non si trovino a fronteggiare situazioni di vere discriminazioni nell’accesso allo studio. E lo stesso vale per l’accesso al lavoro”. La speranza nascosta è comunque data dalle novità politiche: “Ci sono state delle elezioni dall’esito imprevisto – ricorda Vignali, riferendosi al netto calo del partito conservatore - che potrebbero anche cambiare le carte in tavola, non è detto che la hard brexit evocata dalla May possa alla fine diventare una soft Brexit”. (Sis – 15 giu)

 

 

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