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Sicurezza, il decreto Minniti
alla (difficile) prova dei fatti

Sicurezza, il decreto Minniti <br> alla (difficile) prova dei fatti

di Piero Innocenti

(17 ottobre  2017) Negli ultimi tempi, in relazione al delicato tema della sicurezza del Paese, si è fatto spesso ricorso al modello organizzativo del coordinamento quale strumento di soluzione del difficile rapporto esistente tra "disponibilità e gestione delle risorse umane e dei mezzi" (sempre scarsi) e "produttività in termini di qualità e quantità" (spesso modeste). Una buona strategia di lotta alla criminalità, anche a livello minimo di solo contenimento, deve ricercare nel coordinamento delle forze di polizia un valido moltiplicatore dell'efficienza delle singole strutture e un prezioso riduttore di inevitabili disfunzioni. Questo modello doveva trovare accoglimento, con riguardo alla strategia citata, anche in ambiti diversi da quelli più propriamente di polizia, estendendosi ad altre strutture istituzionali di gestione della cosa pubblica e raccordando i vari centri di imputazione dei poteri statuali al fine di raggiungere, più efficacemente,  obiettivi comuni. In questa direzione è  sembrato orientarsi il legislatore con il decreto legge 20 febbraio 2017 n.14 ("Disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città") conosciuto anche come decreto Minniti, convertito, con modificazioni, nella legge del 18 aprile 2017 n.48. 
Il provvedimento, infatti, disciplina, nell'ottica di pubbliche istituzioni che debbono concorrere unitariamente alla gestione delle problematiche sulla sicurezza, modalità e strumenti di coordinamento tra Stato, Regioni ed Enti locali in materia di politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata (art.1 comma 1 della legge 48/2017). Quest'ultima si identifica non più soltanto con la sfera della prevenzione e repressione dei reati (la c.d. sicurezza primaria), ma comprende il perseguimento di fattori di equilibrio, di vivibilità, di eliminazione del disagio ambientale, da realizzarsi attuando "..un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali" (art.1 comma 2). In questo scenario, il Ministro dell'Interno, responsabile della tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza, nonché autorità nazionale di pubblica sicurezza (art.1 della legge 121/1981), viene, in realtà, a svolgere un ruolo incisivo anche nel nuovo sistema  delineato, proponendo, per esempio, "..le linee generali delle politiche pubbliche per la promozione della sicurezza integrata.." adottate , poi, con appositi accordi, in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali, rivolte anche alla collaborazione tra le forze di polizia e la polizia locale in determinati  settori di intervento richiamati nella stessa legge 48/2017 (scambio informativo tra la polizia locale e le forze di polizia per gli aspetti che interessano le rispettive funzioni istituzionali, interconnessione delle sale operative, l'aggiornamento professionale degli operatori della polizia locale). Ad oggi non risultano ancora conclusi accordi di tal genere né, tantomeno, avviate procedure preparatorie.
Sarebbe stato opportuno, a giudizio di chi scrive,  approfittare del decreto Minniti per ridare una spolverata alla legge 121/1981 "Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza" (conosciuta anche come la legge di riforma della Polizia di Stato) aggiornandola con questi nuovi concetti di sicurezza, soprattutto sulla sicurezza urbana - da perseguire, tra l'altro, anche con la prevenzione e contrasto della criminalità diffusa e predatoria - e connesse nuove funzioni del Ministro dell'Interno, dei prefetti, dei sindaci. Ci saremmo aspettati anche la presenza, opportuna sul piano tecnico, dei questori negli incontri per stilare i "patti per la sicurezza urbana" (art. 4 commi 1 e 2) sottoscritti dal prefetto e dal sindaco nel rispetto delle linee guida   proposte dal Ministro dell'Interno. In effetti, chi meglio di un questore, autorità locale di pubblica sicurezza nelle città capoluogo, può dare un contributo determinante per raggiungere, tra i vari obiettivi di un patto, quello della prevenzione e del contrasto ai  fenomeni di criminalità diffusa e predatoria?
Quanto poi al coinvolgimento, sia pure parziale nel "sistema della sicurezza" delle polizie municipali, qualche perplessità deriva dalla ben nota politicizzazione dei vari corpi e servizi alle dipendenze ( e ai condizionamenti) dei sindaci,  organismi che, nelle città metropolitane e in quelle medie-grandi, sono carenti (o  addirittura assenti nei paesi) in merito ad una presenza adeguata di operatori dei ruoli intermedi. Inoltre, non hanno un assetto ordinamentale-disciplinare adeguato alle ulteriori, delicate funzioni attribuite, profili di professionalità nel campo della polizia di prevenzione, della polizia giudiziaria e nelle tecniche dei servizi di polizia in generale, indispensabili per garantire un buon servizio alla collettività e un'adeguata tutela agli stessi operatori della polizia locale ( ai quali, intanto, sono stati estesi, con la legge 48/2017, gli istituti dell'equo indennizzo e il rimborso delle spese di degenza per causa di servizio già previsti per le forze di polizia).

 

 

 

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