di Paolo Pagliaro

(20 novembre 2017) Bisogna andare a cercarla, l’identità nazionale, nelle città e nei borghi, nelle campagne e nei castelli, nelle pieghe del tempo e nelle pagine che ci hanno lasciato i grandi italiani.
Lo ha fatto Corrado Augias, viaggiatore colto, e il risultato lo troviamo in un libro che Einaudi stampa con il titolo “Questa nostra Italia”. Augias oggi si guarda intorno, vede molta sfiducia e pensa che l’antidoto possa arrivare dal passato, dal senso della storia. Perché il  nostro paese pieno di meraviglie non è venuto su dal niente: è stato costruito, cesellato, da generazioni di italiani come noi, che hanno patito le stesse incertezze e paure di cui soffriamo noi, anzi in certi periodi paure peggiori delle nostre.
In Italia non c’è stato principe, duca, barone, signore di castelli che non abbia voluto i suoi artisti e i suoi architetti a disegnare una piazza o una torre, una fortezza o una cattedrale, ad affrescare una parete, a segnare in una tela la memoria di nozze e conquiste, studioli di letterati, panneggi e posture di dame e cavalieri, banchetti, sepolcri.
Ci vorrebbe una vita ricca e curiosa come quella di Augias per ripercorrere tutti gli itinerari che lui ci propone, per incontrare la Torino di Gobetti o per farsi guidare da Sciascia nelle dimore della Santa Inquisizione palermitana,  per seguire Leopardi nel suo viaggio da Recanati e Roma o  per scoprire quanto ci sia di Fra Cristoforo e Don Rodrigo dietro le sceneggiature di Gomorra. Ma si può fare il viaggio anche in altro modo, a questo in fondo serve un buon libro.
Se sia possibile che gli italiani continuino a creare tanta bellezza è la questione che Augias lascia aperta, in attesa di una risposta che si teme negativa.