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direttore Paolo Pagliaro

Milano: i volti
del crimine

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Milano: i volti <br> del crimine

MILANO: I VOLTI DEL CRIMINE

Centoquaranta immagini d’epoca, video, documenti, “strumenti del mestiere”’, reperti, periodici e quotidiani documenteranno l’evoluzione della malavita in città, dai primi gruppi improvvisati dell’immediato dopoguerra all’affermazione delle più sofisticate strategie malavitose, attraverso le imprese più clamorose e i profili dei suoi personaggi più importanti, dai protagonisti della rapina di via Osoppo a Luciano Lutring, da Francis Turatello a Renato Vallanzasca. La storia di una città raccontata attraverso il suo lato più oscuro. Quarant’anni di vita che tracciano il volto tragico di una metropoli in rapida ascesa economica, in cui i fatti reali sembrano usciti dalla penna di un grande scrittore di gialli. Sono queste le suggestioni che s’incontrano nella mostra “Milano e la mala. Storia criminale della città, dalla rapina di via Osoppo a Vallanzasca”, a Palazzo Morando - Costume Moda Immagine, fino all’11 febbraio. L’esposizione analizza e ripercorre la nascita e l’affermazione della criminalità a Milano, tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni ottanta, attraverso 140 fotografie, video, documenti e “strumenti del mestiere” come la celebre custodia del mitra di Luciano Lutring, i dadi usati nelle bische e, ancora, le armi utilizzate dalla polizia per combattere il crimine, a documentare l’evoluzione della malavita in città, dai gruppi improvvisati all’affermazione del fenomeno malavitoso, attraverso personaggi e azioni che ne hanno segnato la storia. Il percorso espositivo, ordinato cronologicamente, prende avvio dalla fine della seconda guerra mondiale e si dipanerà attraverso la famosa rapina di via Osoppo del 1958, definita "il colpo del secolo": l’assalto di sette uomini a un portavalori che si impossessò di un bottino di oltre 614 milioni di lire senza neppure sparare un colpo. L’episodio rappresentò l’apice della Ligera, una forma di delinquenza tutta milanese che ebbe origine già nel XIX secolo, composta da piccoli gruppi di criminali e spesso “romanticamente” ricordata anche nelle canzoni popolari. L’assalto al portavalori di via Osoppo segnò la fine di questo tipo di malavita lasciando il campo, nel ventennio 1960-1980, a una nuova forma criminale strutturata in gruppi omogenei – anche di stampo mafioso – diretta al controllo del gioco d'azzardo, della prostituzione e, infine, del traffico degli stupefacenti. Tra i protagonisti di questa stagione nomi del calibro di Francis Turatello, Angelo Epaminonda, Renato Vallanzasca, che evocano nei ricordi dei milanesi atmosfere da Far West. A fare da sfondo a queste imprese c’è una metropoli come Milano che, a seguito del boom economico, si modifica in maniera profonda. La Milano della Mala è una città che vive anche di notte nelle bische, nei night club, nei circoli privati. L’esposizione documenterà tutte queste atmosfere, oltre a riportare in primo piano i quartieri della malavita: il Giambellino, l'Isola, la casba di via Conca del Naviglio e il Ticinese. Particolari focus sono dedicati a specifici fenomeni - i sequestri reali e quelli solamente minacciati, i luoghi di detenzione e le rivolte carcerarie – e ai gruppi di feroci killer come i famigerati Apaches di Epaminonda che terrorizzarono la città nei primissimi anni ottanta. Un importante e ulteriore approfondimento sarà rivolto agli eroici rappresentanti delle forze dell’ordine, in primis il commissario Mario Nardone e il futuro questore Achille Serra. L’esposizione si chiude idealmente con la sezione dedicata a Renato Vallanzasca, il bandito della Comasina, ultimo rappresentante di una malavita milanese che dai primi anni ottanta lascerà il passo a nuove e più cruente forme di criminalità.

ROMA: I FANTASMI DI ALIOTO

Il Museo Andersen di Roma si ripopola quasi magicamente con la famiglia dello scultore Hendrik Christian, grazie alle opere di Massimiliano Alioto che nella mostra, “Ghosts?”, partendo dal titolo di un gruppo di quadri realizzati per l’occasione (“Ghost town”), suggerisce apparizioni e presenze in bilico fra realtà e visione, sogno e memoria, ricostruzione filologica e immaginazione. Attraverso 33 quadri, 8 disegni ed un’installazione tornano così a Villa Helene gli Andersen: lo scultore Hendrik Christian, sua madre Helene, i fratelli Andreas e Arthur, la sorella adottiva Lucia Lice, la cognata Olivia Cushing. E non mancano, fra gli altri, Henry James ed Ernest Hèbrard, l’architetto francese che collaborò con Hendrik al progetto per “The World Communication Centre”.  Le opere di Alioto nascono in stretta osmosi con la storia e le atmosfere del Museo Andersen e l’artista prova a ricreare il mondo “reale” di Andersen, fatto di vite, personaggi, incontri e situazioni, che rievochino al contempo la sua utopia mai compiuta. 

ROMA: JIM DINE ACCADEMICO DI SAN LUCA

L’esposizione “Jim Dine. House of Words. The Muse and Seven Black Paintings”, fino al 3 febbraio nella sede storica di Palazzo Carpegna, nei pressi della Fontana di Trevi a Roma, celebra l’ingresso nell'Accademia Nazionale di San Luca di Jim Dine, nella classe degli accademici stranieri, rappresentando il vicendevole omaggio che l’artista e l’istituzione si scambiano. In mostra l’intero ciclo pittorico inedito Black Paintings, concepito nel 2015 nello studio parigino dell’artista e l’installazione The Flowering Sheets (Poet Singing) presentata al Getty Museum di Los Angeles nel 2008. (red)

 

ROMA: OMAGGIO A FRANCESCO TROMBADORI

 Alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, fino all’11 febbraio, nella mostra “L’essenziale verità delle cose Francesco Trombadori (Siracusa 1886 – Roma 1961)” esposte 60 tele, dipinte tra il 1915 e il 1961, provenienti da importanti collezioni pubbliche e private di tutta Italia, 25 disegni, libri, cataloghi di mostre ed articoli di giornale provenienti dall'Archivio dell'artista, custodito nel suo studio a Villa Strohl-Fern. Pur non essendo romano di nascita, per Francesco Trombadori la capitale è fonte di ispirazione per molti dipinti, ma soprattutto luogo di aggregazione in cui insieme a scrittori, critici ed artisti partecipare all’intenso dibattito artistico e culturale, dando impulso alla creazione di mostre d’arte e a riviste d'arte e di cultura. Ogni sezione della mostra è corredata dal ricco patrimonio documentario proveniente dall'Archivio dell'artista a Villa Strohl-Fern, oggi Casa Museo, con cui si intende illustrare anche l'importante attività di critico che Trombadori svolse, dagli anni Venti. Nel cuore della Villa Strohl-Fern, ora parte del liceo Chateteaubriand, si annida la casa-studio del pittore Francesco Trombadori, un luogo incantato perfettamente conservato dove l'artista lavorò e morì nel 1961.

 

FIRENZE: I MIGRANTI DI ADRIAN PACI 

L'acqua come metafora di movimento, flusso, ma anche possibilità di azione e reazione. Questa l'idea che Adrian Paci ha sviluppato per dare vita al progetto artistico che guida “Di queste luci si servirà la notte”, prima personale toscana dell'artista albanese, fino all'11 febbraio nelle sedi fiorentine del Museo Novecento e de Le Murate. Quindici le opere esposte al Museo Novecento, tre delle quali inedite, a cui si sommano le due in mostra a Le Murate. Progetti Arte Contemporanea e le video installazioni di Pelago e Montelupo Fiorentino. Un corpus di lavori articolato che vede al centro i temi della migrazione, dell'identità e del flusso, sviscerati con intensità e poesia dall'artista, che ha molto a cuore questi soggetti. Rintracciando storie personali e richiamando alla mente fatti e trasformazioni della storia recente, Paci pone al centro la migrazione e la mobilità come una condizione ontologica dell'uomo, quanto mai attuale nell'epoca odierna in cui i concetti stessi di casa e di identità (culturale, politica e sociale) sono continuamente messi in discussione. L'esistenza viene interpretata come una ricerca continua, un movimento perenne e l'acqua, in questo senso, viene utilizzata dall'artista come metafora per eccellenza dell'idea di scorrimento e di flusso.

 

(© 9Colonne - citare la fonte)