di Paolo Pagliaro
(6 febbraio 2018) In cinque giorni le Borse hanno bruciato mille miliardi di dollari, e nel suo lunedì nero, Wall Street ha registrato il più grande calo della storia. Il tonfo ha fatto perdere 114 miliardi a quelli che secondo l'indice dei miliardari di Bloomberg sono i cinquecento uomini più ricchi del mondo. Il più colpito è stato Warren Buffett, il finanziere 87enne soprannominato l'oracolo di Omaha, che ha perso 5 miliardi e 100 milioni. Il patron di Facebook, Mark Zuckerberg si è piazzato al secondo posto, con perdite per 3,6 miliardi. Ora è un po’ meno ricco anche l'uomo più ricco del pianeta, Jeff Bezos, Ceo di Amazon, al terzo posto con il suo patrimonio sceso da 119 a 116 miliardi di dollari. C’è da dire che per i padroni dell’economia digitale questa volta ha funzionato la legge del contrappasso. Pare infatti che all’origine del disastro borsistico ci siano non gli operatori in carne e ossa ma le macchine, cioè gli algoritmi. Questi trader con “pilota automatico” usano spesso la volatilità come parametro per misurare i rischi: se è bassa comprano azioni, se si alza invece vendono. Questa volta hanno venduto troppo, e il fatto che gli umani comprassero azioni a prezzi scontati non è bastato per far risalire le Borse. “A un certo punto – ha raccontato un operatore intervistato da un sito finanziario - abbiamo avuto la sensazione che le macchine avessero preso il sopravvento e si è diffuso il panico”. Alcuni osservatori di mercato sostengono di non aver mai assistito a nulla del genere. La cara, vecchia economia reale guarda attonita.
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