di Paolo Pagliaro
(7 febbraio 2018) Pare che il primo capitolo del librone su cui sta scritto l’accordo di governo tra la Merkel e Schulz sia dedicato all’Europa e al ruolo che la Germania intende svolgervi. La collocazione dell’Italia e le scelte che attendono il prossimo governo nel contesto internazionale sono invece una delle questioni meno dibattute nella nostra campagna elettorale.
Non si discute di Trump, Putin e della Cina e quando lo si fa traspare in genere una sorta di fascinazione per l’uomo forte al comando. Su alcuni temi, spesso manca una linea comune anche all’interno delle alleanze. Si è letto che l’altro ieri a Roma Berlusconi ha rinunciato a incontrare il premier turco Erdogan per non irritare Salvini e Meloni. Eppure il rapporto con la Turchia è una questione cruciale per ogni politica delle migrazioni, e almeno tra amici sarebbe bene chiarirsi le idee.
Alessandro Marrone, dell’Istituto Affari Internazionali, osserva però che, benché in ombra nella campagna elettorale e nonostante i contrasti, la politica di difesa dell’Italia registra una sostanziale convergenza tra le coalizioni di centro-destra e di centro-sinistra, che le differenzia sia dal Movimento 5Stelle che da Liberi e Uguali. Una convergenza dimostrata nel voto sul decreto missioni lo scorso gennaio e che probabilmente continuerà dopo le elezioni. Nonostante si fosse alla vigilia della campagna elettorale, il Parlamento ha approvato a larga maggioranza il decreto missioni presentato dal governo, stanziando 1 miliardo e mezzo di euro per finanziare l’impegno di circa 6.500 militari all’estero. Hanno votato a favore del decreto non solo il Partito Democratico e gli alleati che sostengono il governo Gentiloni, ma anche Forza Italia, Fratelli di Italia e i parlamentari centristi. La Lega si è astenuta, mentre hanno votato contro Liberi e Uguali e il Movimento 5Stelle. La conclusione è che sulla politica estera le larghe intese ci sono già.