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Elezioni, Lerario (+Europa): L’Italia sia un paese per giovani

 Elezioni, Lerario (+Europa): L’Italia sia un paese per giovani

“I giovani se ne vanno e non tornano. Io voglio lavorare affinché l’Italia diventi un Paese per giovani”. Così Alessandro Lerario, candidato con +EUROPA nella circoscrizione Europa per la Camera dei Deputati. “L’Europa mi accompagna da sempre, sin dall’infanzia. Nella mia famiglia scorre sangue europeo: padre italiano, madre tedesca, moglie polacca che mi ha donato due figli” racconta a 9colonne. Lerario ha studiato e si è formato professionalmente tra Italia, Francia, Spagna, Polonia. Da dieci anni risieda in Belgio, dove lavoro presso l’Unione Europea.

 

Cosa l’ha spinta ad accettare la candidatura?

Da italiano all’estero mi sono messo in gioco per tre ragioni. Lavoro per fare dell’Italia un Paese per giovani, dove chi si è trasferito all’estero abbia la libertà di tornare e non sia costretto andarsene per mancanza di opportunità. Mi propongo di aprire le corporazioni, bilanciare la spesa sociale in favore dei giovani, aumentare le possibilità di rientro nelle università per i ricercatori all’estero, tassare la rendita e detassare il lavoro in maniera da favorire assunzioni e investimenti.  Dobbiamo pensare a misure di stato sociale per i familiari delle persone che vivono all’estero: se un ragazzo di 25 anni va a vivere ad Amsterdam, lasciando i propri genitori in provincia di Reggio Emilia o di Matera, chi si occuperà di loro? Il nostro stato sociale è basato sulla famiglia e se le distanze si allungano, è nostro dovere offrire sostegno a chi resta in Italia, a chi vuole stare più vicino ai genitori o fargli visita più spesso. Infine c’è la questione del rapporto fra cittadino e istituzioni. I servizi consolari vanno digitalizzati in modo, per esempio, da poter scaricare un certificato di nascita con un click. I titoli di studio e le qualifiche tecniche devono essere riconosciuti automaticamente in tutti i Paesi dell’UE e deve essere possibile stipulare atti notarili in videoconferenza, senza doversi recare in Italia.    

Quali sono le problematiche che affrontano oggi gli italiani in Europa?

 

Direi che la prima problematica è quella del “vorrei tornare ma non posso”. Scegliere di partire è entusiasmante ma sapere che il ritorno è improbabile, è spaesante. E’ importante incoraggiare il rientro di coloro che lo desiderano in quanto sono una risorsa. Per le famiglie con bambini piccoli la lontananza dei nonni e del loro aiuto rappresenta un problema. Chi vive all’estero, infine, si è lasciato alle spalle la famiglia d’origine. I genitori invecchiano e cresce la preoccupazione per un’assistenza sanitaria adeguata e per dei trasporti rapidi in caso di necessità.

Cosa è cambiato nel rapporto tra l’Italia e i suoi emigranti negli ultimi anni?

E’ cambiata la sociologia dell’emigrazione. Negli anni ’50 e ’60 emigravano minatori, muratori e operai, più che altro uomini, a volte accompagnati da moglie e figli. Per loro non c’era Ryanair né Skype. Per noi oggi le cose sono più facili. La nostra generazione di emigrati sono tanti giovani istruiti o formati professionalmente. Si tratta di individui intraprendenti che spesso creano la loro famiglia oltre le Alpi. A differenza dei loro nonni non si sentono “all’estero” in quanto l’Europa è casa loro.

 L’Italia deve incoraggiare la nuova emigrazione o trovare il modo di fermarla?

L’esperienza di vita all’estero è arricchente. Si tratta di un investimento per l’individuo e per il Paese ospite. Sarebbe un investimento anche per l’Italia se solo venissero attuate politiche volte a valorizzare questo immenso potenziale umano di cui dispone. Gli italiani all’estero hanno accumulato un bagaglio linguistico, professionale e di contatti in Europa. In Italia potrebbero apportare notevoli benefici alla crescita del Paese. Dobbiamo incoraggiare le esperienze al di fuori del Paese ma dobbiamo anche lavorare per permettere il ritorno di chi lo desidera. E su questo è ancora tutto da fare.

(14 feb – Gil)

 

 

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