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Elisabetta Belloni: diplomazia è un sostantivo femminile

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Elisabetta Belloni: diplomazia è un sostantivo femminile

Elisabetta Belloni, da due anni direttore generale della Cooperazione allo sviluppo, è la prima donna alla guida di uno degli uffici strategici del ministero degli Affari Esteri. Fu d’altra parte sempre lei la prima donna a dirigere – dal 2004 al 2008 - l’Unità di crisi della Farnesina, l’organismo di raccordo fra tutte le amministrazioni dello Stato per le emergenze che coinvolgono cittadini italiani all'estero. Con la determinazione che tutti le riconoscono, il ministro plenipotenziario Belloni (52 anni, laurea in Scienze Politiche alla Luiss, lingue parlate: inglese, francese, spagnolo, tedesco) affrontò casi drammatici come il rapimento di italiani in Iraq, Afghanistan, Venezuela, o il coordinamento delle prime ricerche dopo lo tsunami in Thailandia. A chi le chiede se in un ministero a forte connotazione “maschile” come la Farnesina lei si senta a suo agio, e se soprattutto si sentano a loro agio i signori uomini da cui è circondata e che da lei dipendono, Belloni risponde telegraficamente: “Mai percepito difficoltà particolari”. Se poi però si ripropone il tema sfrondandolo dai riferimenti personali, il direttore generale non ha difficoltà ad ammettere che “per l’assunzione di incarichi che comportano una forte responsabilità anche individuale, le donne sono particolarmente idonee. Perché – spiega – le donne hanno quasi per natura una propensione alla decisione senza tentennamenti e all’assunzione di responsabilità anche quando ciò comporta dei rischi personali”. La diplomazia è una carriera tipicamente maschile, una donna che fa breccia (“e per fortuna siamo sempre di più”) fa dunque anche notizia. “Ho dovuto dimostrare che potevo farcela e ho dovuto impegnarmi forse un po’ più dei miei colleghi. D’altra parte non viviamo in una società che consente alla donna di fare carriera senza dover rinunciare a un po’ della sua femminilità, al suo modo di essere, alla sua famiglia, alle sue esigenze”. Come altre donne che alla fine hanno visto premiate le loro competenze e capacità, anche Elisabetta Belloni confessa di aver diffidato, in passato, delle quote rosa e della logica che le ispira: “Istintivamente sono contraria a formule che non permettono a una donna di dimostrare che può gareggiare alla pari”. Tuttavia col tempo si è fatta strada la convinzione che “di fronte all’arretratezza italiana nelle statistiche internazionali riguardanti la parità di genere, forse è opportuno introdurre qualche correttivo”. “Purtroppo le donne non sanno costruire delle reti, e mi sono chiesta spesso perché. Credo dipenda dal fatto che siamo troppo concentrate nel fare. Però quando per un caso o per esigenze contingenti le donne riescono ad associarsi, i risultati sono straordinari. Vero è che le donne sono molto più spietate degli uomini nella selezione. Se percepiamo che c’è qualcosa di poco chiaro siamo più drastiche e queste nostre reazioni vengono percepite come competitività tra donne. Ma non credo sia vero, è semmai vero il contrario. Quando c’è una sintonia di principi, di valori, di professionalità allora la rete è molto più solida. Ci si aiuta per raggiungere un obiettivo. Si dovrebbe fare di più anche per responsabilizzare i giovani: “Quella di fare spazio alle nuove generazioni è un’ esigenza che sento fortissima. Nel mio piccolo, anche all’interno della Direzione di cui ho la responsabilità, cerco di valorizzare i giovani diplomatici. Penso che ognuno di noi debba fare la sua parte per svecchiare il Paese”. La nomina di Elisabetta Belloni alla guida dell’Unità di crisi fu voluta dal ministro Franco Frattini, convinto dal curriculum e dalle note caratteristiche della candidata. “Volle comunicarmelo personalmente. Le motivazioni e il metodo mi fecero molto piacere”. Se fino a poco fa il ministro Belloni si occupava delle crisi che coinvolgevano gli italiani, adesso – alla guida della Cooperazione allo sviluppo - deve affrontare crisi ben più ampie. Ma l’approccio è simile perché “soltanto attraverso la conoscenza delle cause che hanno portato a un’emergenza e soltanto attraverso una conoscenza approfondita degli elementi che contribuiscono al suo perpetuarsi, si possono mettere in campo gli strumenti per risolverla. L’analisi è fondamentale. Prima di affrontare una crisi, bisogna fermarsi. E’ paradossale, ma l’urgenza impone che ci si fermi a riflettere”. Elisabetta Belloni ha assunto la responsabilità degli interventi italiani in favore delle nazioni più povere in un momento di grandi difficoltà per il bilancio dello Stato. L’aiuto pubblico allo sviluppo ha subìto tagli drastici e alcuni degli impegni che l’Italia ha assunto a livello internazionale non possono essere rispettati. Questo certo non la aiuta nel suo lavoro. “Mi auguro che a breve ci possa essere un’inversione di tendenza, che l’Italia possa spiegare a tutti i livelli internazionali le motivazioni di questo ritardo; uso la parola ritardo proprio perché auspico che nonostante le difficoltà del momento si possa varare un graduale piano di rientro che ci consenta di adempiere agli impegni assunti, per riprendere poi a svolgere un ruolo significativo nell’aiuto allo sviluppo”. In fondo sarebbe nostro interesse. “In un mondo globale, di interdipendenza economica e sociale, sviluppo significa ad esempio contenimento dei flussi migratori. Ma anche apertura di nuovi mercati, accesso alle materie prime, formazione di manodopera qualificata”. In conclusione, c’è qualcosa che Elisabetta Belloni rimpiange? “Capita anche a me di pensare che sono più le cose che non ho fatto di quelle che ho fatto. Ho iniziato a lavorare molto giovane. Rimpiango il poco tempo che ho dedicato a me stessa e a mio marito. Le amicizie trascurate. Gli sport abbandonati troppo presto – dallo sci al nuoto al pattinaggio – per averne in cambio disastrosi mal di schiena. Ma si sa: nella vita non si può avere tutto”. (Isabella Liberatori)

 

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