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Pallottino, la donna
che lanciò Dalla

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

Pallottino, la donna <br> che lanciò Dalla

PALLOTTINO, LA DONNA CHE LANCIO’ DALLA

A cinquant’anni dalla pubblicazione di “Terra di Gaibola”, l’album di Lucio Dalla con all’interno i primi brani firmati Pallottino-Dalla, è disponibile su Amazon in versione fisica e in e-book “Paola e Lucio – Pallottino, la donna che lanciò Dalla” (Edizioni La Fronda), il libro del giornalista Massimo Iondini dedicato alla coppia artistica formata da Lucio Dalla e Paola Pallottino (https://amzn.to/2PlQsQx). Il libro contiene la prefazione di Gianni Morandi e le testimonianze di Gino Paoli, Renzo Arbore, Ron, Angelo Branduardi e di molti altri colleghi e amici di Lucio, oltre che della stessa Pallottino. Iondini racconta retroscena e aneddoti degli esordi della carriera del cantautore bolognese e svela l’inedita versione dalliana del brano “La ragazza e l’eremita”, frutto del sodalizio con la storica dell'arte, illustratrice e paroliera Paola Pallottino. Una breve ma intensa collaborazione grazie alla quale videro la luce canzoni come “4 marzo 1943”, “Un uomo come me”, “Il gigante e la bambina” e “Anna Bellanna”. A tal proposito, Iondini racconta: “Nel cassetto di Paola Pallottino era rimasta una loro canzone di mezzo secolo fa che, con grande emozione, ho avuto il privilegio di ascoltare grazie a un provino, pianoforte e voce, registrato su una vecchia musicassetta gelosamente custodita per tutto questo tempo. Curioso è poi il fatto che diversi anni dopo essere stato musicato da Lucio, il testo de ‘La ragazza e l'eremita’ attrasse anche Angelo Branduardi, che pubblicò il brano nel '94. Un affascinante e singolare confronto a distanza”. Grazie anche alle testimonianze esclusive della stessa Paola Pallottino, di Gianni Morandi, Gino Paoli, Renzo Arbore, Ron, Maurizio Vandelli, Maurizio De Angelis, Vince Tempera, Angelo Branduardi e Armando Franceschini, Iondini racconta la carriera di Dalla nei primi anni Settanta dall’exploit sanremese di “4 marzo 1943” al giallo de “Il gigante e la bambina”, fino alla prematura e definitiva rottura del rapporto con Paola Pallottino, che aprì la strada alla collaborazione di Lucio con il poeta e intellettuale bolognese Roberto Roversi. “Fu una pionieristica e fondamentale collaborazione quella tra Dalla e l'allora illustratrice di fiabe Paola Pallottino. – dice Iondini – Un incontro decisivo per la carriera di Lucio a partire dal testo di ‘Gesubambino’, talmente personale e autobiografico da indurlo a intitolare il brano, complice anche la censura della Rai e degli organizzatori del Festival di Sanremo1971, con la sua stessa data di nascita, 4 marzo 1943”. Ad arricchire ulteriormente il libro è la prefazione a cura di Morandi, che ricorda gli esordi della sua carriera e di quella del suo amico e conterraneo Dalla.

L’AUTORE. Iondini  è nato a Milano il 21 luglio 1964. Laureato in Scienze Politiche all'Università Cattolica del Sacro Cuore, da un quarto di secolo è giornalista presso il quotidiano "Avvenire" dove lavora alla redazione culturale, occupandosi principalmente di musica. Pallottino, nata a Roma nel 1939, già professore associato di Storia dell’arte contemporanea all’Università di Macerata, ha svolto intensa attività di studio e divulgazione della storia dell’illustrazione, culminata con la fondazione a Ferrara del MIL Museo dell’Illustrazione Centro Studi sull’immagine riprodotta, diretto dal 1992 al 2005. Illustratrice e autrice di testi per Dalla e Branduardi, ha collaborato all’Enc. Universale dell’Arte, al Diz. Biografico degli Italiani, al Dictionnaire des illustrateurs e all’Allgemeines Künstlerlexikon. È autrice di una ventina di libri, da “Storia dell’illustrazione italiana” a “Dall’atlante delle immagini”, oltre che di centinaia di saggi in Italia e all’estero. Ha appena pubblicato “Le figure per dirlo. Storia delle illustratrici italiane” (Treccani, 2019).

 

NON PER ME SOLA, STORIA DELLE ITALIANE ATTRAVERSO I ROMANZI

Valeria Palumbo racconta la “storia delle italiane attraverso i romanzi” nel saggio “Non per me sola”, pubblicato da Laterza. Le opere delle nostre scrittrici – da Ada Negri a Elsa Morante, da Grazia Deledda a Luce d’Eramo, da Matilde Serao a Sibilla Aleramo e Anna Maria Ortese – offrono il racconto di un’epopea sotterranea: quella della battaglia durata più di un secolo per garantire alle donne italiane piena cittadinanza. Dai racconti e dai romanzi di tanta letteratura femminile, troppo spesso esclusa dal ‘canone’ e quasi dimenticata, emerge un quadro ricco e sorprendente della condizione delle donne in Italia dall’Ottocento a oggi. Le italiane, come ce le hanno raccontate i manuali di storia e gli scrittori, aderiscono quasi perfettamente agli stereotipi della cultura patriarcale dominante. Sono madri affidabili e mogli fedeli; sono pazienti e rassegnate ai tradimenti; sono forse capricciose e certo poco inclini allo studio e al lavoro; sono caste (salvo poche eccezioni rappresentate da pericolose tentatrici); mettono al centro di tutto la maternità, fino al supremo sacrificio; inseguono sogni d’amore. Ma già dall’Ottocento i romanzi e i racconti delle nostre scrittrici hanno raccontato una storia diversa: ci dicono di matrimoni di convenienza e di gravidanze non volute, di amori mai liberi e di un sesso vincolato a una morale oppressiva. Soprattutto, offrono straordinari affreschi dei tentativi disperati di conquistarsi spazi di libertà, di studiare e lavorare, di non cedere alla violenza psicologica e fisica della società tradizionale. Ieri come oggi moltissime donne non hanno accettato di essere costrette al silenzio. Questo libro restituisce finalmente la voce a molte di loro.

 

FRANCESCA RIGOTTI RIFLETTE SUL BUIO

Francesca Rigotti riflette sul “Buio”, in un saggio pubblicato dal Mulino. Alla luce associamo il bene, la conoscenza, la verità, la giustizia. E al buio? Solo falsità, ignoranza, oscurantismo? Eppure, se le cose fossero sempre immerse nella luce, finiremmo per ubriacarci di un’illuminazione insopportabile per occhi e mente, condannati a non cogliere più nemmeno la bellezza di un cielo stellato. Momento di attesa e decantazione del pensiero, il buio abita nelle regioni dell’immaginazione e può essere fonte di idee irraggiungibili alla chiara luce del giorno: con Omero e Leopardi, Lucrezio e Diderot, Rousseau e Novalis, e più vicino a noi Camilleri, un invito a riscoprire il buio come esperienza che ci riconsegna a noi stessi. Rigotti è docente nell’Università della Svizzera italiana. Ha insegnato presso l’Università di Gottingen. Tra i suoi libri: “La filosofia in cucina” (II ed. 2012), “Il filo del pensiero” (2002), “Gola” (2008), editi dal Mulino, nonché “Onestà” (Raffaello Cortina, 2014) e “De senectute” (Einaudi, 2018).

 

 

SYLVAIN TESSON E LA PANTERA DELLE NEVI

Nel 2018 Sylvain Tesson viene invitato dal fotografo naturalista Vincent Munier ad andare alla ricerca degli ultimi esemplari della pantera delle nevi. Questi animali magici e segreti, schivi ma altrettanto temuti, la cui caratteristica è la dissimulazione e l’occultamento, vivono in Tibet, sull’immenso altipiano del Qiangtang. In inverno le temperature sono glaciali, l’area è costantemente spazzata da forti venti e la neve non riesce mai ad attecchire. In volo verso la Cina Tesson conosce Marie, la compagna del fotografo, cineasta naturalista, e Léo, aiutante di campo e filosofo. Sono diventati una “banda dei quattro”, insieme affrontano la strada e raggiungono paesaggi sempre più maestosi e deserti. Tutto questo è raccontato dallo stesso Tesson in “La pantera delle nevi”, pubblicato da Sellerio, traduzione dal francese di Roberta Ferrara. La popolazione diminuisce, al suo posto la fauna sembra apparire dal nulla, al riparo dagli effetti nocivi della civiltà; greggi di antilopi, pecore blu, mandrie di yak, branchi di lupi, predati e predatori attraversano distese lunari e sconfinate, sembrano fagotti di lana, o macchie di inchiostro. A 5.000 metri di altitudine si apre il regno della pantera. In questo santuario naturale, totalmente inospitale per l’uomo, il felino ha trovato il modo di sopravvivere e di difendere la sua tranquillità. Per avvistarla bisogna organizzare degli appostamenti in cui restare immobili a volte per trenta ore consecutive, con la temperatura che staziona a decine di gradi sotto lo zero. La ricerca di questo animale mitico diviene per Sylvain Tesson il racconto di un’avventura straordinaria e la scoperta di uno spazio infinito di riflessione. Le conseguenze disastrose dell’intervento umano sulla natura, il destino di un mondo in cui le specie animali andranno a scemare fino a scomparire, l’annullamento del sé nella meditazione indotta dall’attesa spossante, la spiritualità che l’accompagna, il divenire invisibili nel flusso degli elementi che regala la fugacità della meraviglia. E poi la consapevolezza che la natura è popolata di presenze che ci guardano senza ostilità, ma tenendoci d’occhio: “Gli animali sono i guardiani del giardino pubblico, dove l’uomo gioca col cerchio credendosi il re”. Immergendosi totalmente nell’ambiente, trasformandosi in uno sguardo assoluto capace di vincere sul tempo, Tesson ha scritto il suo libro più coraggioso e importante. Scrittore, giornalista e grande viaggiatore, Tesson è nato nel 1972. Dopo un giro del mondo in bicicletta si appassiona all’Asia centrale, che visita frequentemente a partire dal 1997. Come autore esordisce nel 2004 con un racconto di viaggi, L’Axe du loup. Nel 2009 ha pubblicato con Gallimard Une vie à coucher dehorse nel 2011 è arrivato il grande successo di Nelle foreste siberiane (Sellerio 2012), che ha vinto il Premio Médicis 2011. Con questa casa editrice ha pubblicato anche la raccolta di racconti Abbandonarsi a vivere (2015), Beresina. In sidecar con Napoleone (2016), Sentieri neri (2018) e La pantera delle nevi (2020).

 

LA FERRARINA – TAVERNA DI FRANCA VALERI

Nel 1970 andarono in onda quattro atti unici che la Rai aveva commissionato a Franca Valeri: La cosiddetta fidanzata, La cocca rapita, L’intervista e La Ferrarina – Taverna. Nonostante sia forse uno dei testi più belli dell’attrice-autrice, quest’ultimo era rimasto fino a oggi inedito. Einaudi la pubblica in un testo in libreria dal 14 luglio. È una commedia nera molto divertente nella quale un uomo e una donna, in palese crisi di coppia, vengono inondati di parole dalla proprietaria di una trattoria (interpretata in tv dalla stessa Valeri). In un crescendo di tensione e comicità, l’ostessa, erede di un intera tradizione di “scocciatori” teatrali, non cessa un attimo di glorificare con intempestiva loquacità la poco verosimile cucina del suo locale e la “distinta” clientela che lo frequenta. Tutta compresa nel suo orgoglio professionale, millantato alquanto, è incapace di percepire la reale situazione e di prevederne l’epilogo. L’ostessa della commedia rappresenta uno dei leggendari personaggi chiacchieroni disegnati in quegli anni dalla Valeri, catafratti nel mondo rimbombante delle proprie parole e insensibili a qualsiasi voce altrui. Ma qui il personaggio è inserito in un perfetto meccanismo a orologeria in cui la sua logorrea inciampa negli inquietanti silenzi e nelle poche gelide parole della coppia per precipitare, insieme a tutta la scena, in un finale memorabile.

(© 9Colonne - citare la fonte)