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L’Arma dei Carabinieri
e le sue mele marce

L’Arma dei Carabinieri <br> e le sue mele marce

di Piero Innocenti

(23  luglio 2020) Sconcertanti e avvilenti le notizie emerse nell’ inchiesta condotta dalla Procura della Repubblica di Piacenza e affidata al locale Comando Provinciale della Guardia di Finanza e della Polizia Locale, nei confronti della Stazione dei carabinieri della città e conclusa, di recente, con l’arresto di sei militari dell’Arma e di altri quattro indagati in stato di libertà. Per tutti accuse pesantissime che vanno dal traffico di stupefacenti alle estorsioni, alle torture che sarebbero state inflitte ad alcune persone fermate e condotte nella caserma che è stata pure sequestrata (fatto mai accaduto nel nostro Paese). 

Le prime pagine di gran parte dei giornali nazionali e delle varie agenzie  hanno dato ampiamente conto dello sconcerto generale per quanto appreso in un comunicato, con molti dettagli, diffuso dalla stessa Procura piacentina. Visibilmente scosso da tale vicenda lo stesso Comandante Generale dell’Arma in un’intervista televisiva rilasciata nella stessa giornata che ha, comunque, voluto ricordare l’impegno a tutela della legalità dei componenti l‘Istituzione.
Naturalmente tutti dobbiamo continuare ad avere fiducia nell’Arma e più in generale nei vari Corpi di polizia rappresentati, per la stragrande maggioranza da persone per bene. E, tuttavia, sono molti, troppi, gli episodi  di questo  genere che lasciano increduli molti cittadini e profonda amarezza tanto più che la politica continua ad esser particolarmente disattenta sui temi della sicurezza. Anche in un recente passato (novembre 2017) ci sono stati episodi gravissimi che hanno coinvolto i carabinieri. Tra questi, l’inchiesta della Procura della Repubblica di Sassari (avviata sulla scorta di una relazione di un maresciallo dell’Arma) su un gruppo di militari in servizio al Comando Compagnia di Bonorva. Carabinieri che avrebbero organizzato “rappresaglie” nei confronti dei cittadini di Pozzomaggiore “colpevoli” di aver cercato di difendere un giovane fermato in paese durante alcuni controlli e che aveva cercato di divincolarsi. Stupefacenti le parole  intercettate dei militari (“bisogna punirli...li crepiamo”) per non parlare dell’augurio rivollto al loro comandante provinciale di fare la fine del piccolo Giuseppe Di Matteo, ucciso dalla mafia molti anni fa. Incredibile anche un’altra indagine  condotta sempre in quel periodo dalla Procura della Repubblica di Massa nei confronti di ben 37 carabinieri della Stazione di Aulla e del Comando Provinciale, indagati per concussione, lesioni, omessa denuncia, favoreggiamento, abuso d’ufficio, minacce e rivelazione di segreti d’ufficio. Ma ci sono stati fatti gravi anche di recente, nel corso del 2020, per esempio, solo per citarne alcuni, a gennaio, con l’arresto, a Napoli, di cinque carabinieri per corruzione nell’ambito di una inchiesta su clan camorristici, ad aprile, con un brigadiere in servizio a Prato, finito in manette nel contesto di un’indagine su una rapina compiuta l’anno prima in danno di una coppia di cinesi, a giugno con l’arresto, a Bari, di due carabinieri che, in cambio di “stipendi” fissi, mensili, di mille euro, passavano informazioni ad esponenti del clan Di Cosola.
L’Istituzione, si dice in situazioni del genere, è salda ma non c’è dubbio che sono notevoli i danni prodotti alla sua immagine, alla sua credibilità ed è altrettanto vero che la fiducia dei cittadini subisce colpi brutali se i fatti si ripetono, come sta accadendo , con una certa frequenza. Inutile ripetere che in tutti questi episodi sgradevolissimi sono stati calpestati tutti quei principi e valori indicati nel regolamento dell’Arma, nel Codice Europeo di Etica per le Polizie  (adottato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa nel settembre 20001), di quello relativo alla condotta per gli agenti pubblici introdotto nel nostro ordinamento con la legge 2014/141. Per non parlare di quell’art.54 della nostra Costituzione, spesso dimenticato anche da esponenti della nostra classe politica, che impone il dovere, a chi svolge funzioni pubbliche, “di adempierle con disciplina ed onore”. Una maggiore azione di controllo sul personale, ai vari livelli gerarchici, fatta con costanza e impegno, dovrebbe contribuire a prevenire situazioni di quelle indicate. Con  grande sollievo anche per i cittadini.

 

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