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direttore Paolo Pagliaro

Codice degli appalti
la promessa tradita

Codice degli appalti <br> la promessa tradita

di Paolo Pagliaro

(28 luglio 2020) In quattro anni il Codice dei contratti pubblici, meglio noto come “codice degli appalti”, è cambiato quattro volte, praticamente ogni anno. Composto da 220 articoli (con 111.740 parole e 662.638 caratteri) e 25 allegati, era nato nel 2016 per migliorare il mercato dei lavori pubblici e accelerare gli investimenti infrastrutturali. Obiettivi entrambi falliti. Adesso spetterà al cosiddetto Decreto Semplificazione tentare di rianimare uno strumento che doveva anche garantire trasparenza ed efficienza nel settore cruciale degli appalti.

Cosa non ha funzionato lo spiega l’Osservatorio Conti Pubblici in una dettagliata analisi firmata da Beatrice Bonini, Giampaolo Galli e Pietro Mistura. E’ successo che il decreto Sloccacantieri  i cantieri li abbia di fatto bloccati, perché ha portato a una sospensione quasi totale del Codice stesso. Ma è successo anche che  molte novità del Codice, tra le quali il rating d’impresa e il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, non abbiano ancora trovato attuazione e di conseguenza non sono operative. E’ successo, soprattutto,  che il  Codice abbia creato un’iper-regolamentazione che ha complicato l’interpretazione delle norme e la loro conoscibilità. Questo tipo di approccio – osservano i tre studiosi   è in forte contraddizione con quanto avvenuto in paesi come la Germania e il Regno Unito dove la Direttiva europea da cui è nato il Codice è stata trasposta con poche procedure e senza rilevanti aggiunte di requisiti.

Aggiungiamo che farebbe bene alla salute del sistema Paese anche una riduzione delle stazioni appaltanti, che secondo l’Osservatorio sono oltre 32 mila. Ma essendo 32 mila posizioni di potere, ci si aspetta non che diminuiscano ma semmai che aumentino.    

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