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Gabriele D'Annunzio entra a Fiume

12/9/1919

Gabriele D'Annunzio entra a Fiume

Nella notte tra l'11 settembre e il 12 settembre 1919 Gabriele D'Annunzio ed un migliaio di soldati entrano in azione per occupare Fiume. All'alba del 12 settembre il poeta si trovò a pochi chilometri dallo sbarramento di Cantrida dove il generale Pittaluga tentò di farlo desistere dall'azione, ma decise di continuare la marcia e arrivò a Fiume verso le 12.30 accolto con tutti gli onori militari e da una festosa folla. Come ricorda il sito Arcipelagoadriatico “la posizione di Fiume preoccupava il poeta abruzzese, che già nel maggio del 1919 aveva assunto una chiara e pubblica posizione di protesta. Parallelamente a D'Annunzio, si mossero anche alcuni giovani ufficiali dei granatieri che erano stati ritirati da Fiume. Tra di loro si distinsero i famosi ‘Sette giurati di Ronchi’, che prima di partire giurarono di ritornare a Fiume per salvarla all'Italia. Le richieste italiane su Fiume non potevano essere considerate un semplice atto di prevaricazione nazionalista, ma erano motivate dal desiderio espresso della maggior parte dei fiumani di non voler passare sotto la Croazia per nessun motivo. Il primo atto pubblico che D'Annunzio fece appena giunto in città, fu quello di recarsi nel pomeriggio al Palazzo del Governatore e quindi affacciarsi dal balcone principale per salutare la folla convenuta e chiederle la conferma del famoso proclama di annessione del 30 ottobre 1918. Naturalmente il suo discorso e la sua richiesta furono accolte con urla di approvazione. Dopo il continuo fallimento delle trattative con il governo italiano Gabriele D'Annunzio si decise a dare vita alla ‘Reggenza Italiana del Carnaro’, che fu proclamata solennemente l'8 settembre 1920. L'interventismo dannunziano, parallelamente alla proclamazione delle ‘Reggenza’, aveva tradotto ed esplicitato un preciso programma politico: l'Adriatico diventato italiano in seguito all'eredità di Venezia, avrebbe dovuto essere il punto di incontro e di confronto tra l'Italia e la ‘Slavia’, rappresentata principalmente dalla Serbia, le cui aspirazioni territoriali potevano effettivamente coesistere con quelle italiane. D'Annunzio, però, non tenne in debito conto le capacità politiche degli sloveni e dei croati, con i quali prima o poi tutti i paesi dell'area Adriatica si sarebbero dovute confrontare”.

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