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Enzo Biagi: l’editto bulgaro, solo un dettaglio

Enzo Biagi: l’editto bulgaro, solo un dettaglio

“Italia in lutto, è morto Enzo Biagi, maestro di libero giornalismo”, titolava la Repubblica quel sei novembre 2007, quando lui se ne andava ad 87 anni gagliardi, col distintivo dei partigiani sul petto, perché – raccontò allora la figlia Carla – voleva essere quello lo stemma che voleva con sé come ultima immagine simbolo. Un pezzo di secolo scorso, sei anni dopo Indro Montanelli, consegnato alla storia. Prima ancora che un quotidiano, Il Fatto è stato un appuntamento istituzionale, televisivo e popolarissimo, di giornalismo che entrava nelle case degli italiani con un garbo speciale. Arrivò quello che la pubblicistica nazionale ha bollato come editto bulgaro. Siamo nel 2002, Berlusconi (da Sofia) denunciò l’ «uso criminoso» della tv pubblica da parte dei giornalisti Enzo Biagi e Michele Santoro e dell'autore satirico Daniele Luttazzi. Furono allontanati tutti, e solo Biagi e Santoro ci rimisero piede, come è noto, dopo sentenze a loro favore. Biagi replicò la sera stessa dell’editto, dichiarando: «Il presidente del Consiglio non trova niente di meglio che segnalare tre biechi individui: Santoro, Luttazzi e il sottoscritto. Quale sarebbe il reato? …Lavoro qui in RAI dal 1961, ed è la prima volta che un Presidente del Consiglio decide il palinsesto… Cari telespettatori, questa potrebbe essere l'ultima puntata del Fatto. Dopo 814 trasmissioni, non è il caso di commemorarci». Ma è molto più allegro ricordare Biagi non solo per la solidità della sua difesa d’allora, quanto sfogliando un ideale album fotografico: c’è un bianco e nero sorridente, con Montanelli stesso gli consegnava un telegatto; al centro d’un divano tra Marco Pannella e Toni Negri; con l’enorme Spadolini che legge un giornale sotto il suo sguardo divertito; in carcere, mentre intervistava Michele Sindona; con Stefano Delle Chiaie, il neofascista accusato della stragi di Piazza Fontana e Bologna; e poi con Umberto Eco, con Ciampi, con Fabio Fazio, con Luttazzi, preso sottobraccio dalle due figlie, con Giorgio Bocca; ce n’è pure una con lo stesso Berlusconi: il Cavaliere ostenta un sorriso dei suoi mentre il giornalista lo osserva di sbieco; e ancora con Alì Agca, intervistato nel carcere romano di Rebibbia; in amabile conversazione davanti ad un caminetto senza fuoco con Margareth Thatcher; ed in fine, molto felice accanto a Gorbaciov. Di minor sapore amarcord ma altrettanto nitide sono le sue frasi: “Dopo tre apparizioni in video, qualunque coglione che viene intervistato dice la sua e anche quella degli altri”. Erano i tempi in cui la competizione con la tv portò i quotidiani a stressare un po’ la notizia, ma Biagi diceva: “I giornali sarebbero ansiogeni? Ma la Bibbia non comincia forse con un delitto?”. Del padrone di Canale 5 disse: “Se Berlusconi avesse le tette farebbe anche l’annunciatrice”, prefigurando uno scenario da “cene eleganti” che sarebbe toccato ad altri cronisti raccontare. Ce ne aveva per tutti: “Si può essere a sinistra di tutto ma non del buon senso”.

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