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Zoe, Micol e Giovanna, le sorelle che vestivano il cinema

Ritratti
Una galleria giornalistica di ritratti femminili legati all'Unità d'Italia. Donne protagoniste nell'economia, nelle scienze, nella cultura, nello spettacolo, nelle istituzioni e nell'attualità. Ogni settimana due figure femminili rappresentative della storia politica e culturale italiana passata e presente.

Zoe, Micol e Giovanna, le sorelle che vestivano il cinema

Di sorelle famose la nostra penisola italiana ne ha prodotte diverse, alcune - come le Sorelle Bandiera, lanciate da Renzo Arbore - cantavano “Fatti più in là”, alla fine degli anni Settanta, mentre un altro trio di sorelle, le Sorelle Fontana, vestivano l’elite e dominavano l’alta moda. Il percorso di questo trio dell’alta sartoria romana (Zoe, nata nel 1911, in pieno futurismo, Micol, due anni dopo, e Giovanna, nel 1915, nel mezzo della Grande Guerra) parte da una piccola realtà della provincia parmense, a Traversatolo, prima d’arrivare a vestire personaggi come Jackie Kennedy e Liz Taylor, tanto per fare un esempio. Tra le mura del sobborgo emiliano apprendono il mestiere dalla madre, che oltre al latte e alle minestrine, dava loro ago e filo, mattina e sera. La prima delle tre a romanizzarsi è Zoe, che dopo essere stata spesso in altre due capitali mondiali del ben vestire, come Milano e Parigi, punta la città sulle rive del Tevere. Zoe, appena arrivata nella capitale, lavora in una sartoria, non è pronta per mettersi in proprio. La segue dopo qualche tempo Micol, che approda però in una diversa sartoria. Poi è il turno di Giovanna. Giovanna invece gli abiti li imbastisce tra le mura domestiche. Per un po’ le tre continuano ad apprendere il mestiere sartoriale, ma evidentemente il lavoro conto terzi non le soddisfa del tutto. Bisogna aspettare il 1943 prima che le sorelle decidano o trovino l’occasione di riunirsi sotto uno stesso cielo aziendale, fondando l’atelier Fontana. Qui l’aristocrazia romana, diffidente e curiosa al tempo stesso, individua una delle sue mecche rituali. L’atelier Fontana non rimane fortunatamente un ghetto per ricchi e basta, incrocia il cinema, altamente rappresentato nella città del Colosseo e di quella fontana – non a caso una fontana – che ha visto una delle scene storiche del grande schermo, con Anita Ekberg che s’immerge nella Fontana di Trevi. In quel film, “La dolce vita”, Federico Fellini le fa indossare non un abito qualsiasi, ma uno dell’atelier Fontana. Tutto torna, anche l’omologia onomastica. L’atelier fornisce i costumi anche per altri film, come “Le Ragazze di Piazza di Spagna” del ‘52, “La contessa scalza” del ’54, “Il sole sorgerà ancora” del ’57 e “L'ultima spiaggia” del ’59. Ma la consacrazione mediatica arriva per le Sorelle Fontana quando realizzano l'abito di nozze per Linda Christian, in sposa di Tyrone Power. Il celebre matrimonio viene immortalato su tutti i rotocalchi del mondo, con il vestito delle nostre sarte, che sarte non erano più ma star, al pari delle stesse star che vestivano Fontana. Nel ’60 firmano una linea di prêt à porter, producono anche bigiotteria, foulard, ombrelli pelletteria, biancheria e persino un profumo che porta il nome di una delle tre, Micol. Ad inizio anni ’70 si ritirano dalla scena, producono ancora ma restano in ombra, ostili all’incipiente globalizzazione della moda. Ancora oggi il marchio è in mano ad un gruppo finanziario italiano.

(© 9Colonne - citare la fonte)