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Antonio Meucci, l’inventore della telefonia immobile

Antonio Meucci, l’inventore della telefonia immobile

Santi, poeti, navigatori (satellitari) e telefoni (cellulari): questa la sintesi aggiornata dei caratteri fondativi dell'italianità. Se siamo tra i paesi con maggior numero di telefonini pro capite (nonostante la crisi in effetti non c'è chi vi rinunci) sarà forse perché siamo legati alle tradizioni, e oltre ad essere un popolo amante di interminabili chiacchierate, veneriamo le nostre origini, tra queste: Antonio Meucci, l'inventore del telefono. O meglio del "telettrofono". Guardate il vostro smartphone, contiene un telettrofono, che non è una nuova applicazione, ma la prima forma nota di apparecchio per la trasmissione vocale di suoni. Uno pensa che gli inventori, gli scienziati, si mettano a tavolino e progettino il proprio lavoro secondo logiche precise, servendosi di teorie matematiche e fisiche, insomma di calcolo. Invece c'è un che di romantico nella trovata del telefono, legata al suo inventore, e forse proprio per questo il telefono è rimasto per antonomasia un mezzo caldo (come la radio), secondo la fortunata formula di Marshall McLuhan, uno strumento cioè che non si limita a riferire, o a informare, ma veicola emozioni. Vediamo perché. Si racconta che la moglie di Meucci si fosse ammalata, e fosse stata costretta a stare a letto, in una stanza. Suo marito disperava, e il cordoglio che meno si sopporta verso chi si ama, è l'interruzione delle comunicazioni (prova ne è lo scoramento di ogni volta che cade la linea). Così, giacché era uno capace di creare oggetti intelligenti, ne pensò uno alla bisogna, e la bisogna era permettere alla donna che aveva sposato di poter parlare con lui, quando lui non era lì con lei nello stesso letto. Così arrivò il telettrofono, l'aggeggio che mise in comunicazione la stanza da letto in cui si trovava allettata la donna, con l'ufficio di Meucci. In pratica un sistema di tubi che aveva in qualche modo già sperimentato in ambito teatrale, quando occorreva portare il suono da una parte all'altra del palco, dove era collocata la cabina di regia. Un mezzo caldo, teatrale, persino medicale, se si considera lo scopo di controllo della salute che ne originò la creazione. Ma non un mezzo brevettato per via delle grane economiche che investirono Meucci. Da qui tutta una contesa sulla paternità dell'invenzione del telefono, che ha per antagonista Alexander Graham Bell. Avrebbe Bell fatti suoi i disegni del rivale in telefonia e dunque depositato il brevetto per primo. Roba da trama cinematografica. Meucci gli fa causa, la perde, sempre - pare - per mancanza di soldi (se oggi sapesse quanti ne avrebbe fatti fare!). Roba più da soap opera. Una bega che va avanti fino ai giorni nostri, quando ad inizio del secondo millennio, il Congresso degli Stati Uniti avrebbe riconosciuto il contributo di Meucci fondamentale per l'invenzione del telefono.

(© 9Colonne - citare la fonte)