Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

A Pavia viaggio nella vita
di Claude Monet

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

A Pavia viaggio nella vita<br> di Claude Monet

VIAGGIO NELLA VITA DI CLAUDE MONET
“Monet au coeur de la vie” è il titolo dell’esposizione promossa dal Comune di Pavia che presenta, fino al 15 dicembre alle Scuderie del Castello di Pavia, una selezione di opere del grande esponente del movimento impressionista provenienti da prestigiosi musei di tutto il mondo. La mostra è un viaggio nel cuore della vita di Claude Monet, raccontato attraverso sei personaggi chiave del suo percorso umano e artistico: Adolphe Monet, il padre del pittore, il pittore Eugène Boudin, la moglie e musa Camille Doncieux, il politico Georges Clemenceau che nel 1921 gli commissionò le celebri Ninfee per l’Orangerie, definite la “Cappella Sistina dell’Impressionismo”, Alice Hoschedé, seconda moglie di Monet, Blanche Hoschedé, figlia di Alice e unica allieva di Monet con la quale il pittore instaurò un rapporto molto stretto nell’ultimo periodo - dal 1914 al 1926 - trascorso a Giverny. Gli incontri, i successi, così come i momenti difficili sono stati ricostruiti sulla base di lettere - provenienti dal Musée des Lettres e Manuscrits di Parigi ed esposte in mostra - in cui il pittore racconta particolari momenti e stati d’animo della sua vita. Lungo il percorso una serie di suggestive videoinstallazioni predispongono emotivamente il pubblico a rivivere i momenti fondamentali della vita di Monet e a comprenderne il rapporto con le opere presentate in mostra. Esposto anche il celebre articolo - prestato eccezionalmente per la mostra dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma - di Louis Leroy apparso sulla rivista Charivari del 25 aprile 1874 in cui comparve per la prima volta, in senso spregiativo e fortemente critico, il termine “impressionisti”. (red)

LE CITTA’ DI DE PISIS A MAMIANO
La Fondazione Magnani Rocca di Traversetolo, in collaborazione con l’Associazione per Filippo de Pisis, presenta la mostra “De Pisis en voyage. Roma Parigi Londra Milano Venezia”, fino all’8 dicembre nella Villa dei Capolavori di Mamiano, la raffinata dimora, ora sede della Fondazione Magnani Rocca, che fu di Luigi Magnani, amico e collezionista di de Pisis. Gli anni parigini dell’artista (1925-1939), fecondi di scoperte e maturazioni pittoriche, sono qui preceduti dagli anni di Roma (1920-1924), in cui all’artista si rivela la pittura come mezzo più consono; sono intervallati dai due soggiorni a Londra (1935 e 1938), importanti ai fini della precisazione del segno e della messa a punto di una personale tavolozza cromatica; sono seguiti dal periodo di trasferimento a Milano (1940-1943) e infine preludono alla grande opera di Venezia (1943-1949), il momento più felice della pittura depisisiana. I lunghi soggiorni nelle capitali europee e nelle principali città d’arte italiane sono inframmezzati dalle consuete pause estive a Cortina d’Ampezzo, dove de Pisis cerca un rapporto autentico con gli elementi naturali e le persone del luogo. Del periodo romano (1920-1924) spicca la Natura morta con le uova (1924) della Collezione Jesi (Pinacoteca di Brera, Milano) appositamente restaurata per l’occasione, opera “metafisica” che rivela i contatti del giovane artista con alcuni modelli contemporanei, tra cui Giorgio Morandi conosciuto a Bologna negli anni dell’Università. Per la prima volta è inoltre ricostruita, in parte, la donazione che l’artista fece nel 1941 alla Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma, un nucleo di dodici dipinti che dovevano rappresentare la sua arte, con opere emblematiche della ricerca in atto, tra paesaggi urbani, nature morte e ritratti. (red)

IL “VETRO DI PIETRA” DEGLI ANTICHI ROMANI
Diafano come il ghiaccio, trasparente come l'aria più pura, “lapis duritia marmoris, candidus atque translucens” per usare le parole di Plinio nella sua Naturalis Historia, il “lapis specularis” è una pietra affascinante. Derivato del gesso, ha la caratteristica di sfogliarsi in strati abbastanza sottili da far passare la luce, presentando quindi le stesse peculiarità del vetro. I romani ne facevano ampio uso e passeggiando per Ercolano o Pompei è ancora possibile vedere alcune finestre chiuse da lastre di questo minerale. Sempre nella Naturalis Historia, Plinio indica le principali cave di lapis nel bacino del Mediterraneo: Turchia, Tunisia, Cipro, Italia - vicino a Bologna e in Sicilia - e Spagna, in particolare la Spagna Citerior, nell'area che circonda la città di Segóbriga, non lontano da Madrid. Non è dunque per scarso utilizzo quanto piuttosto per mancanza di considerazione da parte del mondo scientifico se questa pietra è poco o nulla conosciuta in Italia. La mostra "Il vetro di pietra. Il lapis specularis nel mondo romano: dall’estrazione all’uso", fino al 15 dicembre al Centro “Guaducci” di Brisighella, presenta una ricostruzione storica sulla lavorazione del lapis in età romana. L’esposizione è incentrata sui materiali archeologici di epoca romana rinvenuti all’interno della Grotta della Lucerna e durante lo scavo dell’edificio romano di Ca’ Carnè, nel Parco della Vena del Gesso Romagnola, a cui si aggiungono i reperti recuperati nel corso di ricerche di superficie o di scoperte occasionali nel territorio del parco. La mostra è integrata dalle ricostruzioni didattiche degli indumenti e delle attrezzature dei minatori romani. (red)

LA DIGA DI KARIBA, GIGANTE DAL CUORE ITALIANO
Si tiene fino al 10 novembre al Museo nazionale preistorico etnografico "Luigi Pigorini" di Roma la mostra “Tra passato e presente - Una storia italo-zimbabweana” che documenta le varie fasi della realizzazione della diga di Kariba, che ha creato uno dei più grandi bacini idrici del mondo e profondamente modificato l'originale habitat e condizionato gli stili di vita del popolo Tonga. La diga si trova sulla gola di Kariba lungo il fiume Zambesi che segna il confine tra Zambia e Zimbabwe. La diga, con la sua omonima centrale elettrica di Kariba Sud, è stata realizzata tra il 1955 e il 1959 da un consorzio di imprese italiane. Nel 1977 l'opera è stata completata con la creazione della nuova turbina di Kariba Nord. La diga di Kariba genera energia idroelettrica per un totale di 1.319 megawatt che alimentano gli stati dello Zambia e dello Zimbabwe, che ne sono co-proprietari. La creazione dell'indotto artificiale ha determinato il trasferimento di 57mila Tonga, una popolazione che viveva lungo il fiume Zambezi, e dei loro armenti sia nello Zimbabwe che in Zambia. Le opere in mostra a Roma, provenienti dalla Galleria nazionale dello Zimbabwe, presentano i lavori di Giovanni Novaresio (1917-1997), tra i protagonisti dell'avanguardia artistica genovese del dopoguerra, che nei suoi lunghi soggiorni africani negli anni Cinquanta ha documentato la costruzione della diga in opere grafiche e pittoriche con un linguaggio tra astrazione e figuratività. Ed ancora le opere di Waalko Dingemans (1912-1991), artista olandese emigrato in Sud Africa negli anni Cinquanta, che rappresentano anche il lavoro degli uomini, veri artefici dell'intera opera. La scena artistica contemporanea dello Zimbabwe è rappresentata in mostra da alcuni esponenti del movimento “Contemporary Art”, un movimento che ha avuto inizio negli anni ’50, da Virginia Chihota ad Ammirate Kamudzengerere, da Lovemore Kambudzi a Portia Zvavahera. (red)

RICORDANDO IL RASTRELLAMENTO DEL GHETTO DI ROMA
A settanta anni dal 16 ottobre 1943, data del più grande rastrellamento contro gli ebrei in Italia, il Complesso del Vittoriano ospita fino al 30 novembre la mostra “16 ottobre 1943. La razzia degli ebrei di Roma”, che vuole inquadrare la razzia nel suo contesto storico, tracciando il punto della situazione degli eventi relativi alla Shoah attraverso documenti, anche inediti, testimonianze audiovisive, disegni, mappe e fotografie. Curata da Marcello Pezzetti, Direttore della Fondazione Museo della Shoah, con il coordinamento generale di Alessandro Nicosia e in collaborazione con la Fondazione Museo della Shoah, “16 ottobre 1943. La razzia degli ebrei di Roma” è la prima mostra che descrive in modo esauriente i drammatici eventi di quei giorni, fondamentali per la coscienza e la conoscenza della storia recente di Roma. L’esposizione è realizzata da Comunicare Organizzando e promossa da Regione Lazio, Roma Capitale e Provincia di Roma con il patrocinio del Comitato di Coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah e del ministero dei Beni culturali. (red)

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