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direttore Paolo Pagliaro

La storia del paesaggio
dal ‘600 a Monet

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

La storia del paesaggio <br>dal ‘600 a Monet

LA STORIA DEL PAESAGGIO DAL ‘600 A MONET

Dopo essere diventata la mostra più visitata da inizio anno in Italia, con oltre 200.000 presenze in poco più di cento giorni, “Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento” dalla Gran Guardia di Verona approda fino al 4 maggio, a Vicenza, in quel luogo magnifico che è la Basilica Palladiana. La mostra, a cura di Marco Goldin, prende avvio da un’opera di Annibale Carracci e una di Domenichino per sottolineare come in pittura, tra fine Cinquecento e inizio Seicento, la natura cominci ad assumere un ruolo autonomo, non più limitata a puro fondale scenografico. Poi si passa al Seicento di Poussin, Lorrain, Salvator Rosa, i grandi olandesi (soprattutto ovviamente Jacob van Ruisdael e il suo studio dal vero) e Rembrandt. Il Settecento propone bellissime vedute dei veneziani, da Canaletto a Bellotto a Guardi. Quindi l’affascinate sequenza di sale sull’Ottocento, il cosiddetto secolo della natura: dapprima l’ambito romantico con i sublimi Friedrich e Turner e poi la mediazione con il realismo attraverso Constable. E non mancano i francesi Corot, Courbet e Millet. Infine, la epocale novità impressionista, con Pissarro, Sisley, Caillebotte, Manet e quindi capolavori di Cézanne, Renoir, Van Gogh, Gauguin, Degas “per indicare la caduta del dogma del plein-air e l’entrare nella modernità, quando il paesaggio diventa anche una proiezione della mente” come spiega Goldin. L’esposizione si chiude con 25 opere di Monet (tra cui spiccano le Cattedrali e le Ninfee), vera e propria mostra nella mostra, per dire che dalla tradizione legata alla realtà (l’Olanda seicentesca, la foresta di Fontainebleau) in lui si passa alla dissoluzione della materia attraverso l’abbandono del plein-air totale. (red)

 

LE OPERE SENSORIALI DI MICOL ASSAEL

Un titolo impronunciabile “Iliokatakiniomumastilopsarodimakopiotita” per la mostra che, fino al 4 maggio ad Hangar Bicocca, a Milano, coinvolge gli spettatori in modo fisico e mentale, mettendo in gioco in modo radicale la relazione delle opere con lo spazio. Protagoniste alcune delle più importanti installazioni e due opere inedite di Micol Assael che occupano interamente gli oltre 1800 mq di spazio dello Shed. La 35enne artista, nata in Italia ma oggi attiva in Grecia e vissuta quasi sempre all’estero, si è presto distinta come una delle voci più originali dell’arte europea e ha esposto nelle più importanti biennali e in numerosi musei. Fenomeni fisici, magnetismo, ingegneria elettrica, così come la loro interazione con il corpo umano, sono elementi centrali nella sua ricerca artistica. La percezione sensoriale, soprattutto quella dello spettatore, è infatti una componente fondamentale per l’artista: le sue installazioni, tanto radicali quanto poetiche, influenzano fisicamente e mentalmente lo spettatore, mettendolo spesso in una posizione di pericolo reale o supposto. (PO / red)

 

 

A MILANO IL “VECCHIO MULINO” DI PELLIZZA DA VOLPEDO

E’ affidato a Giuseppe Pellizza da Volpedo il compito di celebrare l’apertura delle Gallerie Maspes, il nuovo spazio espositivo dedicato all’arte del 19.mo secolo, a Milano. Fino al 10 maggio viene presentato Vecchio Mulino, uno dei capolavori del maestro piemontese, realizzato nel 1903. La mostra offre al pubblico l’occasione di ammirare una delle rare opere divisioniste dell’artista piemontese, rimasta per molti anni gelosamente custodita nella medesima collezione privata ed proposta per l’ultima volta al pubblico milanese nel 1970, in occasione della rassegna dedicata al Divisionismo allestita nel Palazzo della Permanente a Milano. La grande rilevanza di questo capolavoro nel panorama artistico italiano ed europeo a cavallo tra ‘800 e ‘900 ha fatto sì che venisse selezionato per prendere parte, nel 1983-1984, all’esposizione dedicata alla pittura occidentale del XIX secolo organizzata in Giappone e, nel 1990, a quella sul Divisionismo italiano, a Palazzo delle Albere di Trento. Sulla tela sono ritratte le forme del grande mulino, situato nel centro di Volpedo, e delle case adiacenti, con una lunga ombra che marca la profondità della strada. Al divisionismo applicato rigorosamente sullo sfondo fa riscontro un più libero modo di trattare il primo piano con tonalità cromatiche ocra-rosate e con stesura più mossa e libera di marca impressionista. (red)

WANDRE’, “LIUTAIO” DELLA CHITARRA ELETTRICA ITALIANA

All’estero i cultori di strumenti musicali lo celebrano e darebbero qualsiasi cosa per una chitarra Wandrè: farebbero carte false per un modello Brigitte Bardot, Scarabeo, Rock Oval o Bikini, tanto per citarne alcuni. In Italia, negli anni ’60, Celentano, Guccini, Mina e i Nomadi sono tra i primi a usare e amare le chitarre di Antonio Vandrè Pioli, in arte “Wandrè”, ma dopo il successo commerciale di quegli anni su di lui è calato un velo. Artista, imprenditore fuori dagli schemi, partigiano, capomastro, ma soprattutto uno dei liutai più innovativi del secolo scorso, che negli anni ’50 crea la prima fabbrica di chitarre elettriche in Italia: a dieci anni dalla scomparsa Cavriago, in provincia di Reggio Emilia, ricorda il suo più eclettico cittadino con la mostra “Wandrè. Vita, chitarra e opere”, alla Falegnameria Musiari di Cavriago fino al 4 maggio, che presenta oltre 60 chitarre e bassi risalenti al periodo dal 1957 al 1968 quando nella sua innovativa fabbrica Wandrè ideò un nuovo processo produttivo che per la prima volta inseriva nella fabbricazione degli strumenti elettrici i presupposti della catena di montaggio, ma con un’attenzione del tutto speciale a evitare l’alienazione e stimolare la creatività dei dipendenti. Purtroppo il suo estro geniale non fu in grado di adattarsi ai cambiamenti e alle esigenze del mercato: la sua avventura di pioniere della chitarra elettrica si interrompe nel 1968, quando Wandrè si reinventa designer di abiti in pelle, e in seguito artista e scultore aderente al movimento Fluxus. (red)

FOTOGRAFIA, L'ANIMA IN MOSTRA A MODENA

Sono settanta le fotografie dalle atmosfere sospese, che raccontano da cinque diversi angoli dell’Europa e del mondo, per mano di sette artisti internazionali, l’anima e i suoi sussurri, con uno sguardo attento alla realtà contemporanea e alla sue stridenti contraddizioni. Provocatori, originali, sorprendenti, autentici, i lavori saranno visibili alla mostra “Soul Whispers”, proposta a Modena dalla neonata galleria PhBroking, in programma fino al 3 maggio. Alena Adamchyk, Bielorussia; Majeed Benteeha, Iran; Ghigo Roli e Riccardo Varini, Italia; Marikel Lahana, Francia; Eitan Vitkon, Israele; Zhu Yu, Cina: sono i sette protagonisti che fanno sussurrare l’anima attraverso l’obiettivo, costruendo opere che si ispirano, di volta in volta, all’uomo e alla natura, ai paesaggi e agli interni, alle contraddizioni, alle solitudini angosciose, alle tinte sfumate e ombrose di anime sussurranti, di esistenze quasi soverchiate dal silenzio e comunque in grado di soffiare un messaggio e un respiro al resto del mondo. Dieci opere per ciascun autore, dedite al racconto di quello che sgorga dall’anima, in un’epoca di frastuono e rumore che nulla hanno a che fare con la profondità silenziosa e flebile del sentire umano. In particolare l’italiano Ghigo Roli, dopo aver pubblicato oltre trenta libri e numerosi articoli di riviste (In Germania ha pubblicato presso Hirmer Verlag e Belser Verlag), oggi sta facendo confluire le sue ricerche personali in un’indagine che coniuga le forme naturali alle regole sottese all’armonia. E sempre dall’Italia, Riccardo Viviani, sceglie di mostrare il suo forte legame con la natura che ha segnato tutta la sua opera. I suoi lavori poetici fanno riflettere l’osservatore. (PO / red)

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