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direttore Paolo Pagliaro

“SIAMO ULTIMA CHANCE
PER RIPARTENZA PAESE”

“SIAMO ULTIMA CHANCE <BR> PER RIPARTENZA PAESE”

Mille giorni per riformare fisco, lavoro, scuola, giustizia, diritti civili. Tanti i temi affrontati nel discorso del presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervenuto alla Camera e poi al Senato per illustrare ai deputati da poco rientrati dalle ferie estive il suo programma di legislatura. “Mille giorni sono l’ultima chance per far ripartire il Paese, non una dilazione. Dobbiamo rimettere in pista l’Italia”, esordisce Renzi.

 


“SUL LAVORO PRONTI A INTERVENIRE PER DECRETO” -
Poche le novità rispetto agli impegni già presi e ai provvedimenti già incardinati in Parlamento, tra cui la delega sul lavoro all’esame del Senato, che il premier invita a portare avanti con decisione “altrimenti siamo pronti a usare strumenti d’urgenza”, insomma se le Camere non dovessero fare con solerzia il loro lavoro il governo è pronto ad andare avanti per decreto. “Al termine dei mille giorni il diritto del lavoro non potrà essere quello di oggi”, dice Renzi, perché “non c’è cosa più iniqua in Italia di un diritto del lavoro che divide i cittadini tra cittadini di serie A e di serie B”. “Questo è un mondo del lavoro basato sull’apartheid”, aggiunge facendo l’esempio delle partire Iva e dei lavoratori di aziende al di sotto dei 15 dipendenti, dove non c’è la tutela dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Quindi, rivolgendosi alla sinistra “più estrema”, sottolinea: “Per come la interpreto io la sinistra è combattere l’ingiustizia, non difenderla”. Quanto agli ammortizzatori sociali, Renzi annuncia che “nella legge di stabilità del 2015 avremo le risorse per ampliarne la gamma riducendone il numero e le dimensioni”. E spiega: “Dobbiamo far sì che non ci siano più strumenti di cassa integrazione, ma vi sia un meccanismo semplice per tutti, per cui se sei licenziato hai la possibilità di essere accompagnato dallo Stato, di fare corsi di formazione seri e hai il dovere al primo, secondo, terzo tentativo di accettare l’offerta di lavoro che ti viene fatta”. Tuttavia “per recuperare posti di lavoro occorre avere una politica industriale in questo Paese”. E “chi oggi dice che dovremmo ridurre il salario dei lavoratori, ignora la realtà italiana”, ammonisce il premier ribadendo che “nel 2015 “continueremo nell’abbassamento del costo del lavoro” (e “siamo stati i primi nella storia a tagliare del 10%l’Irap”). Renzi interviene anche nelle vicende giudiziarie che in questi giorni coinvolgono i vertici di Eni per dire “una cosa molto chiara: in queste ore un'azienda, che è la prima azienda italiana, la ventiduesima nel mondo, è stata raggiunta da uno scoop, da un avviso di garanzia, da un’indagine. Io dico qui, davanti a voi, che noi aspettiamo le indagini e rispettiamo le sentenze, ma non consentiamo a nessuno scoop di mettere in crisi migliaia di posti di lavoro e non consentiamo a nessun avviso di garanzia, più o meno citofonato sui giornali, di cambiare la politica aziendale di questo paese”. Se per voi questa è una svolta – sottolinea rivolgendosi ai deputati che lo ascoltano -prendetevi la svolta. Ma questo è un dato di fatto per rendere l’Italia un paese civile”.


“LEGGE ELETTORALE PRIMA DEI MILLE GIORNI” -
Poi, sempre parlando più ai deputati che al Paese, sottolinea che la riforma della legge elettorale verrà fatta “molto prima” della scadenza dei mille giorni: “Noi vogliamo fare la legge elettorale non per andare subito alle elezioni”, ribadisce, perché “smentiremo i mille giorni” di prospettiva che il governo si dà e anche “perché una melina su questo punto sarebbe soprattutto uno schiaffo alle classe politica che si dimostrerebbe non in grado di trovare soluzioni”. “Sono disponibile a correre il rischio di perdere le prossime elezioni ma non sono disponibile a perdere tempo”, incalza il premier, che dà atto ai senatori con l’approvazione in prima lettura delle riforme costituzionali di aver fatto un grande passo in avanti in quel necessario percorso di riavvicinamento tra politica e cittadini: tra abolizione delle Province e riforma del Senato, sottolinea, “è in atto la più grande riduzione di ceto politico dell’Occidente” e “i senatori hanno dimostrato che il tempo della rendita è finito”. “Se la politica fa la sua parte” riflette Renzi, allora è in grado di chiedere a un magistrato di fare le ferie come un cittadino qualsiasi o imporre un tetto al reddito di un dirigente pubblico: “I sacrifici li facciamo per primi noi – ribadisce - è simbolico che non guardiamo in faccia nessuno ma guardiamo negli occhi tutti. La repubblica democratica fondata sul lavoro non può essere affondata sulla rendita”. Il premier ha assicurato poi che al termine dei mille giorni “ci sarà una legge sui diritti civili” e “la riforma della Rai in cui la governance è sottratta da scelte di singoli partiti”. Altro obiettivo di legislatura è quello di spendere bene tutti i fondi messi a disposizione dall’Europa e poi ancora una volta la cultura e la formazione: “Non andremo da nessuna parte se non avremo il coraggio di affrontare il tema della scuola”, una scuola che parte innanzitutto dalle esigenze degli studenti e non solo da quelle di docenti e personale amministrativo.

 

 


“SULLA GIUSTIZIA SUPERARE LO SCONTRO IDEOLOGICO” -
Infine il capitolo giustizia. “La riforma della giustizia deve cancellare il violento scontro ideologico del passato”, afferma il premier ribadendo il valore assoluto che rappresenta la libertà e l’indipendenza della magistratura: “Io sono dalla parte di chi lotta per l'indipendenza della magistratura” e “chi oggi vuole mettere in discussione la libertà e l'indipendenza della magistratura troverebbe in noi degli ostacoli”. Quindi i toni di un garantismo senza tentennamenti: “Non accettiamo che l’avviso di garanzia costituisca un vulnus all’esperienza politica e imprenditoriale di una persona”. E in molti pensano a quello che sta accadendo in Emilia Romagna. Alle toghe infine ribadisce: “Il problema della giustizia civile non sono le ferie dei magistrati. Nessuno in questa aula sostiene che la giustizia si semplifica con le ferie dei giudici, ma non c’è nessuno qui fuori che pensi che sia giusto che ci siano 45 giorni” di chiusura dei tribunali “per un servizio così delicato come la giustizia”. (Pif – 16 set)

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