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direttore Paolo Pagliaro

Enzo Cucchi in una Palermo che si chiama “Cagliari”

Mostre
Le grandi mostre in programma in Italia e quelle che hanno l'Italia, attraverso i suoi grandi artisti, come protagonista nel mondo. Lo "Speciale mostre" è un viaggio tra capolavori, opere d'avanguardia e sperimentali, pittura e scultura, memoria e identità, storia e filosofia, un tributo all'arte e ai suoi protagonisti e un modo per scoprire quanto di buono fanno le istituzioni nazionali e locali per il nostro patrimonio culturale e di creatività.

Enzo Cucchi in una Palermo che si chiama “Cagliari”

ENZO CUCCHI A PALERMO

La Galleria d’Arte Moderna di Palermo presenta, fino al 15 gennaio, "Cagliari" la prima mostra in uno spazio pubblico in Sicilia di Enzo Cucci ed il Laboratorio Saccardi con installazioni, video, quadri e sculture, che ripercorrono una ipotetica passeggiata per l’amata odiata Palermo. Quello che unisce Enzo Cucchi al Laboratorio Saccardi, è un amicizia di lunga data, un legame di stima reciproca oltre che di parentela “anti-stilistica”, un collegamento sapientemente coltivato negli anni, fatto di incontri e scambi di opinioni, idee e concetti comuni, di sperimentazione intorno l’oggetto pittorico e l’amore per la materia in genere. Negli anni il rapporto del Laboratorio Saccardi con Enzo Cucchi si è consolidato, mentre il rapporto con l’amata-odiata Palermo di oggi si è deteriorato, così i lavori hanno finito per raccontare questa Sicilia ancestrale e selvatica di cui rimangono perennemente innamorati. Questa mostra è la registrazione di tutto questo, un ultimo omaggio alla città che non è quella che si vede oggi, ma è una Palermo immaginaria ed immaginata passata ma mai trapassata del tutto, sognata, quasi appartenente ad un'altra dimensione ad un'altra isola del mediterraneo, più incontaminata, più pura forse, più identitaria e definita, ammirevolmente più ignorante ma non certo più bella, ugualmente mistica, una Palermo tutta mentale, disegnata dal segno laser di Enzo Cucchi, dipinta a forza di colori ionizzati dal Laboratorio Saccardi nel nero dell’universo, una Palermo che si chiama Cagliari.(red)

 

I TIEPOLO AI MUSEI CAPITOLINI

Fino al 18 gennaio ai Musei Capitolini, per la prima volta a Roma, 90 opere grafiche e 7 dipinti svelano il “dietro le quinte” di quel momento delicatissimo e irripetibile in cui il disegno getta le regole della straordinaria visione pittorica di Giambattista Tiepolo, accompagnato in questa “avventura” dai figli Giandomenico e Lorenzo. Nella storia della cultura figurativa europea l’impressionante quantità e varietà dei disegni dei Tiepolo si staglia come un grandioso monumento della grafica settecentesca. L’arte di Giambattista Tiepolo trova infatti il proprio geniale elemento fondante nel disegno, aspetto che lo vide esprimersi quale fecondissimo artefice e insieme cifra con la quale seppe organizzare e dirigere la produzione di una singolare bottega famigliare, guidando l’attività grafica dei figli Giandomenico e Lorenzo in quello che fu l’ultimo grande esempio di una secolare tradizione veneziana di atelier. Tale inesauribile vena narrativa, intesa per lo più come esercizio autonomo, si compone di un’estesa varietà di registri calibrati dall’artista in rapporto alle diverse funzionalità della sua produzione. Le quattro sezioni della mostra riuniscono quindi disegni e una scelta di acqueforti secondo nuclei tematici salienti, declinandole al contempo secondo la gamma delle loro modalità tecniche: dal progetto ai ‘pensieri’, dai ‘ricordi’ ai ‘divertimenti’ e alle repliche sempre originali di Giandomenico e Lorenzo, come esercizio emulativo dell’opera paterna. Ad essi si aggiunge una calibrata selezione di dipinti, con il compito di introdurre e in qualche modo rappresentare gli esiti pittorici di ciascuna tipologia grafica. (red)

GIOVANNI SEGANTINI “TORNA” A MILANO

Un ideale ritorno a Milano, città che fu per Segantini finestra fondamentale sul panorama dell’arte europea. Artista di straordinaria notorietà in vita, dimenticato e poi riscoperto dalla critica italiana e internazionale in varie fasi del Novecento, Giovanni Segantini è il protagonista della grande mostra antologica - prodotta da Comune di Milano, Palazzo Reale e Skira editore in collaborazione con Fondazione Antonio Mazzotta - che si tiene fino al 18 gennaio a Palazzo Reale. La mostra partecipa a Milano Cuore d’Europa, il palinsesto culturale multidisciplinare dell’assessorato alla Cultura. Curata da Annie-Paule Quinsac, autrice del catalogo ragionato e maggior esperta di Segantini, a cui ha dedicato quasi mezzo secolo di studi e otto mostre in tutto il mondo, e da Diana Segantini, pronipote dell’artista e già curatrice della esposizione tenutasi alla Fondazione Beyeler nel 2011, la mostra presenta per la prima volta a Milano oltre 120 opere da importanti musei e collezioni private europee e statunitensi, divise in otto sezioni, ciascuna delle quali dedicata a un aspetto dell’arte di Segantini e rappresentata da alcuni dei maggiori capolavori del grande artista, di cui molti mai esposti in Italia o esposti oltre un secolo fa. Segantini si riallaccia alla tradizione della pittura contadina derivata da Millet e dai pittori francesi della metà dell’Ottocento, la supera e arriva poi al simbolismo di una natura incentrata sul paesaggio, dove il contadino è incidentale nella natura. Raffigura inoltre la religiosità degli umili. Con il trasferimento in Svizzera nel 1886, Segantini approda al suo personale divisionismo, spezzando la materia in lunghi filamenti di colore. Protagoniste saranno le Alpi, prese sempre di scorcio. Oltre alle donne compaiono gli uomini, anche se dopo il 1890 la natura dominerà sempre di più la scena in composizioni molto vaste dove la presenza umana sarà solo simbolica. (red)

 

I “GRIP” DI VAN DER PLOEG

La galleria Giacomo Guidi presenta, fino al 24 gennaio, la prima mostra personale a Roma dell’artista olandese Jan van der Ploeg. La mostra ospita un wall painting e una selezione di recenti opere su tela. Jan van der Ploeg ha iniziato a utilizzare il motivo dei Grip per le sue opere a partire dal 1997. Il Grip è una sorta di ready-made derivata dalla forma della sagoma dei buchi per le mani nelle scatole di cartone. Per l’artista è essenziale che il Grip sia una geometria quotidiana e facilmente riconoscibile, che possa essere trasposta in un contesto pittorico senza dover apportare alcun cambiamento. Grip è solamente il punto di partenza, il modulo. Van der Ploeg lo utilizza dai murali realizzati secondo le condizioni architettoniche che incontra, fino a panel paintings, opere piccole e intime.  I primi Grips di van der Ploeg appaiono nel 1997 sui muri dei palazzi e dei cortili di Amsterdam, concepiti come figure, facce o segni di punteggiatura schematizzati, aventi le stesse caratteristiche dei ‘tags’. Il suo lavoro è legato al Neoplasticismo di Piet Mondrian e al movimento De Stijl di Theo van Doesburg. Nel contesto della galleria, spazio di osservazione intenzionale, i dipinti di van der Ploeg rivelano un effetto dissimile. Con la medesima destinazione d forma e il medesimo vocabolario ripetitivo, il lavoro smaschera le limitazioni dello spazio visivo. Qui i wall paintings evocano esclusivamente la loro concretezza. La loro realtá si concentra nella linea, nel colore e nella superficie. Laddove, in luoghi pubblici, l’astrazione assume particolarità sociali e politiche, nella galleria i wall paintings negoziano formalmente la prostetica dello spazio stesso.  (red)

 

MADRID SCOPRE DEPERO

Riscoperta all’estero per il più eclettico dei futuristi: Fortunato Depero. Dopo una grande rassegna sul futurismo al Guggenheim di New York ed una mostra a Barcellona, si tiene fino al 18 gennaio alla Fundacion Juan March di Madrid, l’esposizione “Depero futurista. 1913-1950”. Quali evento collaterale oggi e giovedì si terranno due conferenze. Attivo per quarant’anni, Fortunato Depero (Fondo, provincia de Trento, 1892-Rovereto, 1960) è un personaggio a tutto tondo che ha sfidato le convenzioni attraverso un processo creativo in grado di spaziare dal teatro alla pubblicità; dal design all’artigianato attraverso la sperimentazione di differenti tecniche, come dimostrano le sue celebri tarsie di stoffe colorate.”, affermano i curatori Alberto Fiz e Nicoletta Boschiero che ricordano come proprio Umberto Boccioni, nel 1916, rimproverava amichevolmente a Depero di “osare troppo”. Nel celebre manifesto Ricostruzione futurista dell’universo firmato da Giacomo Balla e Fortunato Depero nel marzo 1915 gli intendimenti erano chiari: “Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l'universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all'invisibile, all'impalpabile, all'imponderabile, all'impercettibile. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell'universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra ispirazione, per formare dei complessi plastici che metteremo in moto”.  (red)

 

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