WARHOL “DEBUTTA” IN UN CENTRO COMMERCIALE
Dal 3 gennaio all’1 febbraio si ammirano in un’area del centro commerciale Romaest, 40 opere del padre indiscusso della Pop art, Andy Warhol. Le opere fanno parte della più ampia mostra intitolata “Andy Warhol in the city” che nasce da un’iniziativa di Pubbliwork ed è già stata esposta nelle gallerie di diverse città italiane. Tra le opere più conosciute esposte l’immancabile Marilyn Monroe, Campbell’s e Flowers. Si potranno inoltre ammirare le copertine di Interview Magazine, la rivista fondata proprio da Andy Warhol e le cover di dischi dei Rolling Stones e dei Velvet Underground. Durante il mese di gennaio alla mostra si aggiunge il coinvolgimento delle associazioni artistiche del territorio che mettono a disposizione i loro pittori per attività di laboratorio a tema pop che vedono il coinvolgimento di ragazzi delle scuole superiori. Prevista la decorazione degli elementi di arredo interno del centro commerciale di Romaest sul tema “Roma Pop”. Dopo la Capitale la mostra verrà ospitata in altri centri gestiti dalla società Larry Smith Italia a Torino, Firenze e Napoli.(red)
A VITERBO CAPOLAVORI SACRI E PROFANI
“Sacro & Profano. Capolavori a Viterbo tra il Quattrocento e il Settecento” è il titolo della mostra, promossa dal Comune di Viterbo, che si tiene fino al 31 gennaio in sei sedi diverse della città laziale e non solo: da Palazzo dei Priori al Museo civico, passando per le due importanti chiese di San Silvestro e del Gonfalone sino ai musei del Colle del Duomo e dell’Abate a San Martino al Cimino. A Palazzo dei Priori, alla cappella Palatina, il sacro è rappresentato da l’Incredulità di San Tommaso di Salvator Rosa, trasferita temporaneamente dalla sede del Museo civico e da La Visitazione di Maria ad Elisabetta di Bartolomeo Cavarozzi. Il profano è invece rappresentato da Ercole e Onfale di Romanelli (sempre trasferita dal civico). Nella chiesa di San Silvestro si possono scoprire le 14 virtù profane di Palazzo Spreca, mentre nel Museo del colle del Duomo si trova la Crocifissione di Cristo tra i dolenti qui attribuita alla scuola michelangiolesca. E ancora: nella chiesa del Gonfalone merita attenzione lo Stendardo processionale, di Giovanni Francesco Romanelli, Battesimo di Cristo e Maria Santissima del Riscatto con San Bonaventura. C’è poi il Museo civico con la Flagellazione di Cristo e la Pietà di Sebastiano del Piombo oltre a la morte di Santa Maria egiziaca di Marco Benefial e il Sacrificio di Polissena di Domenico Corvi. Infine, il Museo dell’Abate a San Martino dove è conservato lo splendido Stendardo di Mattia Preti con il Cristo Eucartistico e San Martino che dona il mantello al povero. “Forse per la prima volta dopo molto tempo, una mostra come questa è stata pensata e allestita nella forma di un vera e propria esaltazione della città di Viterbo e dei valori storici e culturali che Viterbo esprime fin da tempi remotissimi” sostiene Claudio Strinati, ex soprintendente Speciale del Polo Museale romano, autore, nel catalogo della mostra, dell’introduzione.(red)
AGLI UFFIZI LA COLLEZIONE DELLE ICONE RUSSE
L'esposizione “Collezione delle icone russe agli Uffizi”, nuovo appuntamento del ciclo "I mai visti", propone - fino all’1 febbraio alla Sala delle Reali Poste del museo fiorentino - 81 icone di proprietà delle Gallerie fiorentine, che costituiscono il più antico nucleo collezionistico d'immagini sacre russe esistente fuori dal mondo ortodosso. I due esemplari più antichi, un’icona mariana e quella raffigurante la Decollazione del Battista, sono databili fra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII e conservano ancora la coperta d’argento, detta oklad, che le rendeva gradite al gusto principesco di casa Medici, trovando posto fin dal Seicento fra le suppellettili della cappella di Palazzo Pitti. Ad eccezione di pochi esemplari, tuttavia, la collezione giunse a Firenze in epoca lorenese ed è costituita per la maggior parte da icone databili alla prima metà del XVIII secolo; i caratteri stilistici che le accomunano sono tali da far supporre che possano essere state acquistate per piccoli gruppi in qualche bottega provinciale della Russia centrale. S’ignorano gli eventi che hanno portato questa raccolta a Firenze. Una scritta presente sul retro dell’icona con le Storie di Cristo porta a ipotizzare un legame con la chiesa ortodossa della Santissima Trinità di Livorno, eretta alla fine del sesto decennio del XVIII secolo con il favore del granduca Francesco Stefano di Lorena. Nell'ambito della strategia propagandistica messa in atto da Caterina di Russia durante la guerra con i Turchi (1768-1774), nel corso della quale la flotta russa soggiornò a Livorno, la zarina fece ricorso più volte a doni votivi, tributandoli anche alle comunità ortodosse d'occidente, ed è possibile che la collezione delle icone oggi agli Uffizi si origini in un episodio legato a questo particolare momento storico.(red)
RIFUGIATI FANNO ARTE CON I “RIFIUTI”
Gli oggetti ed i grandi teli in mostra al Museo Carlo Bilotti di Roma fino all’1 febbraio, nella mostra “L’arte dei rifugiati”, sono opera di un gruppo di rifugiati politici, di area sub-sahariana, arrivati a Roma in cerca di protezione. Sono stati creati con rifiuti di plastica raccolti proprio nelle vie e nelle piazze su cui si affacciano i monumenti da loro ritratti. In poco più di tre anni, con il progetto Refugee Scart della Spiral Foundation, dieci tonnellate di “plasticaccia” romana sono state trasformate in oggetti d'arte funzionali, colorati ed allegri, che sorprendono e commuovono per la cura e la fantasia della loro esecuzione. L'intero ricavato di tutte le iniziative promosse dal 2011 ad oggi nell’ambito del progetto torna ai rifugiati, ma essi, a loro volta, ne donano una parte al Poliambulatorio mobile di Castel Volturno, via Emergency, aiutando persone ancora più bisognose. L’iniziativa è promossa da Roma Capitale e Refugee Scart –Spiral Onlus, con il patrocinio del Centro Astalli e dell’UNHCR.
(red)
A PAVIA I “RICORDI” DELLA GRANDE GUERRA
Nel centenario della Grande Guerra, Pavia sceglie di ricordare il conflitto con una mostra che attraversa passato e presente. “Trame di guerra” parla della guerra da un punto di vista umano e sociale, interessandosi e soffermandosi sui veri protagonisti del conflitto: i soldati e la popolazione, che la guerra l’hanno davvero toccata con mano. I documenti in mostra in “Trame di guerra” - fino all’8 febbraio al Castello Visconteo di Pavia - si presenta come una riflessione sui generis sul primo conflitto mondiale, evitando qualsiasi intento celebrativo. La guerra viene letta non tanto dal punto di vista geopolitico o militare, quanto piuttosto da quello umano e sociale. “Trame di guerra” prende le mosse dai materiali relativi alla I Guerra Mondiale custoditi presso i Musei Civici di Pavia: si tratta di diari, lettere, cartoline, disegni, fotografie, ma anche piastrine, medaglie, fazzoletti, armi, uniformi, elmetti. Tra gli elementi più interessanti, le cartoline propagandistiche di fronti opposti; due dipinti dell’artista e soldato pavese Alessandro Gallotti, dedicati agli spostamenti delle truppe in zona di guerra; parte della corrispondenza di Giuseppe Franchi Maggi dal fronte allo zio Giacomo Franchi; album e raccolte di fotografie che illustrano la vita quotidiana dei soldati, come quello di Maria Cozzi, infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana dal 1914. Accanto a questi, i diari di alcuni soldati pavesi: il diario da Celle lager (il campo di prigionia vicino ad Hannover dove fu internato anche Carlo Emilio Gadda) di Angelo Rognoni, futurista pavese, il diario dal fronte di Leone Strada, le “note di guerra” di Carlo Allini, il diario di guerra di Giuseppe Resegotti.(red)




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