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Sta tornando
la guerra fredda

Sta tornando <br> la guerra fredda

di Paolo Pagliaro

(23 novembre 2016) Le ultime manovre della Nato in Europa sono state organizzate nel giugno scorso. Il loro nome in codice era Anaconda, un serpente costrittore che soffoca la preda. Venti i paesi partecipanti, trentamila i soldati inviati ai confini della Russia, di cui 14 mila americani, con un numero imprecisato di carri armati, aerei e navi. Le esercitazioni hanno compreso un attacco notturno con elicotteri, un lancio di paracadutisti, la costruzione di un ponte sulla Vistola. Uno degli obbiettivi era quello di integrare il comando nazionale polacco in un contesto multinazionale, quasi una prova generale – ha osservato Sergio Romano - per il giorno in cui sarebbe scoppiata una terza guerra mondiale, non lontano dai luoghi in cui era cominciata la seconda.

Romano – che scrive sul Corriere della Sera dopo aver concluso a Mosca la sua prestigiosa carriera diplomatica – ne parla in un libro pubblicato per Longanesi e intitolato “Putin e la ricostruzione della Grande Russia”. Il libro spiega perché può tornare, magari sotto altre sembianze, una guerra fredda collocata troppo in fretta negli archivi della Storia.

Ed è anche in questa prospettiva – negativa ma realistica – che Francia, Germania, Italia e Spagna stanno intensificando i contatti e moltiplicando le iniziative perché possa decollare una politica europea della difesa, che si affianchi alla Nato ma ne sia autonoma.

In settembre, al vertice di Bratislava, l’Italia ha presentato un piano che prevede la creazione di una Forza multinazionale europea dotata di struttura di comando, meccanismi decisionali e forme di finanziamento comuni. Il progetto costa e c’è chi, come l’ammiraglio ed ex ministro Di Paola, propone di considerare le spese nazionali per sicurezza e difesa come investimenti da scorporare in tutto o in parte dal Fiscal Compact.

(© 9Colonne - citare la fonte)