di Paolo Pagliaro
(20 febbraio 2017) In Inghilterra c’è il maggioritario e dunque le scissioni sono altamente sconsigliate, perché divisi si perde. Per dare una nuova linea al partito laburista, spostandolo a sinistra, Jeremy Corbyn ha dunque dovuto seguire tutta la trafila prevista dai regolamenti interni. Ha atteso le primarie, si è candidato, le ha vinte e il suo progetto è andato in porto.
In Germania invece c’è un sistema proporzionale e le maggioranze di governo si formano dopo le elezioni, spesso con il contributo dei partiti minori, come i liberali o i verdi. Questo sistema è un grande incentivo alle scissioni, che infatti in Germania sono frequenti. Una che presenta molte analogie con quella in corso nel Pd è avvenuta nel 2005 in casa dei socialdemocratici, quando Oskar Lafontaine uscì da sinistra per dar vita a Die Linke, cioè a quello che oggi è il terzo partito tedesco, con l’8.6% dei voti.
La scissione in corso nel Partito Democratico è sicuramente figlia del proporzionale, ma il problema (posto che sia un problema) è che la sua rilevanza e i suoi effetti si misureranno con il maggioritario, cioè con il sistema elettorale che tra il 15 aprile e il 15 giugno prossimi deciderà il futuro di mille amministrazioni comunali. Si voterà in capoluoghi di regione come Palermo, Genova, Catanzaro, l’Aquila e in città di medie dimensioni come Monza, Padova, Parma, Piacenza, Taranto, Verona. Con i ballottaggi del 21 maggio 2012, il Pd conquistò 93 città, lasciandone 34 al Pdl e Parma ai 5 Stelle. Un centrosinistra diviso, questa volta farà fatica ad arrivarci, ai ballottaggi.