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Matteo Renzi
e l’abbaglio 40%

di Paolo Pagliaro

(3 marzo 2017) In un saggio scritto da Fabio Bordignon, Luigi Ceccarini e Ilvo Diamanti si ricorda che il 40 - inteso come 40% - è una cifra particolare nella numerologia del renzismo. È il risultato che Renzi ottenne alle primarie del centrosinistra, a Firenze nel 2008, e quello che sfiorò alle primarie nazionali del 2012. È il «mitico» 40% (precisamente 40,8) delle europee. È poi diventato la soglia per evitare il ballottaggio nella legge elettorale entrata in vigore, dal luglio 2016, per la Camera dei deputati (il cosiddetto Italicum). Inoltre, il 40% corrispondeva al livello di apprezzamento di cui, alla vigilia del referendum, Renzi e il suo governo disponevano nel Paese. E il 40% è il risultato raggiunto dal partito del Sì il 4 dicembre.

Renzi pensa – lo hanno detto i suoi fedelissimi – che quel 40% sia il suo patrimonio elettorale, da tradurre in seggi in occasione delle prossime politiche. Letta così, una bruciante sconfitta si trasforma dunque nella rivendicazione di un successo.

Se questa lettura sia fondata o sia invece un abbaglio, che di nuovo Renzi potrebbe pagare caro, è una delle questioni di cui dibattono alcuni tra i più noti studiosi della politica italiana in un volume nato dalle attività di ricerca condotte dall’Istituto Cattaneo e pubblicato da Rubbettino con il titolo “La prova del no”.

Ci sono molti dubbi sul fatto che quei 13 milioni e 400 mila voti raccolti dal fronte del Sì possano essere considerati il «tesoretto» personale di Renzi. E’ più probabile che i prossimi appuntamenti con le urne confermino il quadro tripolare degli ultimi anni, e che senza un’adeguata legge elettorale, dietro l’angolo ci sia non la rivincita di Renzi ma l’ ingovernabilità dell’Italia.

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