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direttore Paolo Pagliaro

L’indecoroso balletto
delle leggi elettorali

L’indecoroso balletto <br> delle leggi elettorali

di Paolo Pagliaro

(10 ottobre 2017) L’articolo 63 del codice di buona condotta in materiale elettorale approvato 15 anni fa dal Consiglio d’Europa, commissione di Venezia, sembra scritto per l’Italia. Afferma che “la stabilità del diritto è un elemento importante per la credibilità di un processo elettorale, ed è essa stessa essenziale al consolidamento della democrazia. Infatti, se le norme cambiano spesso, l'elettore può essere disorientato e non capirle, specialmente se presentano un carattere complesso. A tal punto che il cittadino potrebbe, a torto o a ragione, pensare che il diritto elettorale sia uno strumento che coloro che esercitano il potere manovrano a proprio favore, e che il voto dell'elettore non è di conseguenza l'elemento che decide il risultato dello scrutinio”.

Proprio per evitare che ogni governo e ogni maggioranza si facciano  la propria legge elettorale secondo le convenienze del momento, in  17 dei  28 Paesi dell’Unione europea le regole del gioco sono   inserite in Costituzione. Ci sono paesi come la Grecia dove eventuali modifiche entrano in vigore solo dopo due tornate elettorali.

Questo non significa  che negli altri paesi  non si intervenga spesso per modificare  singoli aspetti, come la dimensione dei collegi o le preferenze. Ma sono aggiustamenti tecnici, niente di paragonabile  agli  stravolgimenti dell’intero impianto elettorale tipici dell’Italia dagli anni Novanta in poi, con passaggi disinvolti dal sistema proporzionale a quello maggioritario e di nuovo a quello proporzionale più o meno ibrido, con e senza le preferenze, con e senza premi di maggioranza, con e senza significative soglie di sbarramento, con ciò provocando  interventi inevitabili, ripetuti e decisivi della Corte Costituzionale.   Questo pastrocchio non ce l’ha chiesto l’Europa, che anzi – come detto – ci aveva chiesto esplicitamente di evitarlo.  

(© 9Colonne - citare la fonte)