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LA NUOVA EMIGRAZIONE
È DAVVERO COSÌ DIVERSA?

LA NUOVA EMIGRAZIONE <br> È DAVVERO COSÌ DIVERSA?

 L'Italia vive una situazione di 'nuova emigrazione' con saldi migratori negativi (ovvero con più partenze che arrivi, come non succedeva dal 1966) e una composizione molto complessa dal punto di vista sociale, frutto in larga misura della crisi e della recessione. E' quanto spiega Enrico Pugliese, coordinatore del comitato scientifico Faim, nella relazione presentata al convegno organizzato al Senato dallo stesso Faim sulla nuova emigrazione italiana. Secondo Pugliese "da un lato il fenomeno è largamente sottovalutato nel dibattito politico e scientifico" dall'altro però "i mezzi di comunicazione tendono ad esagerarne la portata in maniera discontinua e poco coerente". Il fatto ancora più significativo è però quello che "i dati relativi a nuovi arrivi di italiani prodotti dagli istituti di statistica dei paesi di immigrazione sono sempre largamente superiori, in generale almeno doppi, rispetto a quelli italiani": non un polemica verso l'Istat, piuttosto la constatazione che l'iscrizione all'anagrafe Aire, su cui si basano i dati ufficiali italiani, è spesso snobbata da chi emigra. Eppure, solamente facendo fede ai dati Istat, dal 2008 al 2016 il saldo migratorio è negativo di oltre 351mila unità.

Chi sono quelli che se ne vanno? Tra chi lascia l'Italia, spiega Pugliese, vi è una prevalenza di giovani altamente scolarizzati con una condizione prevalentemente precaria nel mercato del lavoro. Ma l'area di provenienza e il contesto dell'area di arrivo "già differenziano questi nuovi emigranti: pensiamo all'apparente paradosso per cui la principale regione di emigrazione siano la Lombardia e il Veneto, da cui partono giovani altamente qualificati, ma anche meno giovani che hanno perso il lavoro in settori industriali negli anni della crisi". In sostanza si riduce, in proporzione, l'area di coloro che emigrano anche perché spinti dalla ricerca di stili di vita nuovi ed aumentano quelli che emigrano per necessità.

Dove vanno? I paesi destinatari sono soprattutto paesi europei con situazioni tra le più solide e sistemi di welfare pubblico tra i più avanzati: quindi Germania, Inghilterra (e dopo la Brexit?) Francia, Svizzera e sorprendentemente anche Spagna e Belgio, gli stessi del dopoguerra, anche grazie ala libera circolazione interna alla Ue. Poi c'è l'Australia. Spesso però le situazioni in cui ci si imbatte in loco non sono così idilliache come si sarebbe potuto pensare: "pressoché tutti i paesi europei - spiega Pugliese illustrando l'indagine condotta dal Faim - hanno riformato negli ultimi anni la legislazione del mercato del lavoro allo scopo di renderlo più flessibile. Nel Regno Unito recentemente vi è stata una larga diffusione degli 'zero hours contracts', una tipologia di assunzione nel quale il lavoratore si rende disponibile a essere chiamato senza vincoli di tempo e ore di lavoro" e utilizzata soprattutto per i lavori di assistenza domestica, com'era da noi con i voucher. Forme di lavoro nero sono segnalate sempre più frequentemente un po' ovunque, dalla Germania all'Australia, nel settore agricolo.

La questione dell'associazionismo.  Negli ultimi anni la componente anziana ha mantenuto vivo l'associazionismo degli emigrati nelle sue diverse. Tuttavia, spiega Pugliese "è innegabile l'esistenza di una crisi: le associazioni sono sempre meno frequentate dagli italiani nel mondo, che lamentano la scarsa capacità di attrarre giovani", i quali, più cosmopoliti e tecnologici, ripiegano sui social media. "Occorre pertanto un sostanziale ammodernamento delle associazioni, che dovrebbero essere in grado di offrire orientamento al lavoro, assistenza fiscale, supporto nel campo della normativa sul lavoro". In pratica "l'associazionismo in rete e di scopo sembra dover caratterizzare la scelta della nuova emigrazione".

(Sis) 

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