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Chi vota per rabbia
ha torto o ragione?

Chi vota per rabbia <br> ha torto o ragione?

di Paolo Pagliaro


(18 gennaio 2018) Oltre che sulle nevrosi dei politici, è utile riflettere anche sui sentimenti dei loro elettori. In quest’epoca pare che il sentimento dominante sia l’indignazione. Si spiegano così avvenimenti come Trump alla Casa Bianca, la Brexit o l'infuriare dei venti populisti in Europa. Sul ruolo politico - e se vogliamo “civico” - della rabbia si esercitano due studiose, un’americana e un’italiana, che arrivano a conclusioni molto diverse.
La prima, Martha Nussbaum, che insegna diritto ed etica all’università di Chicago, ritiene che la rabbia sia un sentimento sempre velenoso e controproducente. Nel suo libro “Rabbia e perdono” edito dal Mulino, Nussbaum sostiene che per vivere meglio insieme abbiamo bisogno di meno aggressività e più raziocinio, meno vendetta e più riconciliazione. Costruire un mondo umanamente “abitabile” – scrive - richiede intelligenza, autocontrollo e generosità, una paziente e indefessa disposizione d’animo a vedere e cercare il bene più che a fissarsi ossessivamente sul male.
Paola Giacomoni, che insegna storia della filosofia a Trento, sottolinea invece nelle sue ricerche l’aspetto energetico, dinamico e trasformativo dell’ira. Nel libro dal titolo “Ardore - Quattro prospettive sull’ira da Achille agli Indignados”, edito da Carocci, Giacomoni spiega come dalla rabbia possano nascere valori come la giustizia, la capacità progettuale, il riconoscimento sociale o la libertà. E’ possibile – scrive - fare una scelta razionale di politica attiva non per amore, ma per collera. Stando ai sondaggi, sembra sia questo il senso delle elezioni in arrivo.

(© 9Colonne - citare la fonte)