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direttore Paolo Pagliaro

I vitalizi (le pensioni)
negli altri Paesi

di Paolo Pagliaro

(7 aprile 2018) In Italia, grazie alle modifiche introdotte durante il governo Monti a fine 2011, i vitalizi dei parlamentari hanno ceduto il posto a una regolare pensione, calcolata in base a quanto è stato versato gli anni, così come succede per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione. Nel resto d’Europa ci si comporta più o meno nello stesso modo. In 18  paesi – tra cui Austria, Danimarca, Olanda, Grecia, Spagna, Polonia e Portogallo – i deputati dei Parlamenti nazionali versano i contributi come tutti gli altri cittadini e percepiscono una pensione in base ai contributi che hanno versato nella loro vita lavorativa. In Germania il meccanismo è complesso ma sta di fatto che un deputato nato nel 1960 che avesse passato 18 anni in Parlamento, potrebbe andare in pensione anticipata a 56 anni portandosi a casa un assegno di oltre 4 mila euro. In Gran Bretagna un parlamentare che abbia svolto il suo compito per 15 anni, pagando il massimo dei contributi, riceve una pensione di circa 22.500 sterline all'anno, ovvero un terzo del suo stipendio da deputato. In Francia l’assemblea nazionale è un datore di lavoro che versa regolarmente i contributi per la pensione dei suoi deputati, che ci mettono la loro parte.  L’anno scorso alla Cassa delle pensioni per gli ex-deputati sono andati 58 milioni di euro. C’è infine il Parlamento europeo, che ha 751 deputati. Per loro vale il metodo contributivo e la pensione si incassa dopo aver compiuto i 63 anni. Ma il ritorno dell’europarlamentare alla vita da cittadino comune è facilitato da un'indennità transitoria che può valere dai 50 ai 200 mila euro lordi.  (Red)

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