di Paolo Pagliaro
(11 giugno 2018) Nel 2015 il Consiglio europeo stabilì che circa 100 mila migranti sbarcati in Italia e Grecia avrebbero dovuto essere ricollocati negli altri Paesi dell’Unione. Ogni governo negoziò la quota di propria spettanza, e le quote risultarono molto diverse da Paese a Paese. Dopo quasi tre anni, grazie a una tabellina pubblicata su lavoce.info, è possibile vedere se e quanto quegli impegni siano stati mantenuti.
Due Paesi – Irlanda e Malta – hanno fatto più del poco che si erano impegnati a fare: l’Irlanda, in particolare, doveva farsi carico di 600 persone e ne ha accolte 900. A Malta, Grecia e Italia hanno trasferito invece 168 profughi contro i 131 previsti. La Germania si era impegnata a ricollocare 27.500 richiedenti asilo e ad oggi ne ha accolti 10.300, il 37%. La Francia ha fatto peggio, con 5 mila ricollocamenti a fronte dei 20 mila promessi. Sono state di parola Svezia e Finlandia che hanno rispettato il loro impegno rispettivamente all’80 e al 95%. Lo stato di avanzamento dei ricollocamenti è al 51% in Portogallo, percentuali analoghe sono state raggiunte dai paesi baltici.
La situazione cambia bruscamente quando i riflettori si accendono sui paesi del gruppo di Visegrad vale a dire Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia e Ungheria. La Polonia e l’Ungheria avrebbero dovuto aprire le porte rispettivamente a 6.182 e 1.294 persone ma ne hanno accolte zero. Avrebbero dovute accoglierne 3.500 Repubblica Ceca e Slovacchia, ne hanno accolte solo 38. Anche l’Austria non ha adempiuto ai suoi obblighi, accettando che da Italia e Grecia arrivassero 39 profughi contro i 1953 che si area impegnata ad accogliere.
L’Europa ha dunque molte velocità anche nell’impegno umanitario e nel rispetto della parola data.