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Ilva: Di Maio atteso
alla prova dei fatti

Ilva: Di Maio atteso <br> alla prova dei fatti

di Paolo Pagliaro

(14 giugno 2018) L’Ilva di Taranto non è solo la più grande acciaieria europea, ma è anche la più grande fabbrica manifatturiera del Paese, più grande di Mirafiori, se si contano gli addetti alle attività produttive. Qualche giorno fa l’ex ministro Carlo Calenda, che per la sopravvivenza e il rilancio dell’Ilva si è molto speso, ha affidato al Corriere della Sera un breve promemoria di fine mandato.
Sappiamo dunque che per quanto riguarda l’occupazione, iI governo uscente ha proposto ai sindacati un accordo che comprende 4 impegni: 10.000 assunti dalla nuova Ilva con gli stessi livelli salariali, inquadramento e diritti attuali; 1.500 persone in carico alla società mista costituita da Invitalia e Amministrazione straordinaria per svolgere per la nuova Ilva i servizi esternalizzati e le bonifiche; altre 2 mila persone incentivate alle dimissioni volontarie con una combinazione di 5 anni di cassa integrazione e 100.000 euro di bonus; garanzia finale, da parte della società per Cornigliano e di quella per Taranto, di assunzione delle persone eventualmente rimaste senza prospettive alla fine del piano. Nessuno dei 13.800 dipendenti perderebbe insomma il lavoro, il salario o l’inquadramento. Contestualmente si dovrebbero anticipare i tempi del risanamento ambientale.
Il 30 giugno scadrà il termine per la cessione del’Ilva a Mittal, che in caso di mancato accordo potrebbe andarsene o rinunciare alla clausola sospensiva e procedere direttamente con le assunzioni. In un caso e nell’altro a Taranto la situazione potrebbe precipitare. Ora la parola passa al nuovo ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, che in questi giorni sta incontrando tutte le parti coinvolte. Spetterà a lui decidere se nel futuro dell’Ilva c’è la produzione sostenibile di acciaio o una non meglio precisata riconversione green, come suggerisce Beppe Grillo.

(© 9Colonne - citare la fonte)