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direttore Paolo Pagliaro

Nomadi e Carletti,
un’autobiografia

Libri
Ogni settimana uno scaffale diverso, ogni settimana sarà come entrare in una libreria virtuale per sfogliare un volume di cui si è sentito parlare o che incuriosisce. Lo "Speciale libri" illustra le novità delle principali case editrici nazionali e degli autori più amati, senza perdere di vista scrittori emergenti e realtà indipendenti. I generi spaziano dai saggi ai romanzi, dalle inchieste giornalistiche, alla storia e alle biografie.

 Nomadi e Carletti, <br> un’autobiografia

“QUESTI SONO I NOMADI E IO SONO BEPPE CARLETTI”

E’ uscita il 15 giugno la biografia “Questi sono i Nomadi e io sono Beppe Carletti” (edita da Mondadori, 156 pagine, 19 euro) scritta da Marco Rettani, “visionario sognatore che si divide tra arte, musica e letteratura”, così ama definirsi l’autore, a quattro mani con l’amico Beppe Carletti: un anno di dedizione per raccogliere le tappe fondamentali di Carletti, uomo ed artista, e del gruppo più longevo della discografia italiana, i Nomadi.  L’autore Rettani torna dopo la pubblicazione del romanzo (con prefazione di Patty Pravo) “Non lasciami mai sola” ottobre 2015, giunto alla quarta ristampa. In “Questi sono i Nomadi e io sono Beppe Carletti” tutto si svolge durante un viaggio notturno in auto di ritorno a casa dall'ennesimo concerto. Un viaggio come molti altri in apparenza, che si trasforma però, grazie al potere dell'immaginazione, in un itinerario attraverso la memoria. Immancabile compagno di viaggio Augusto Daolio, l'amico di sempre, testimone muto ma non per questo meno importante dei ricordi di una vita. Dall'odore agrodolce del dopoguerra al concerto dei centomila in piazza Duomo a Milano, la vita movimentata di Beppe Carletti si articola all'interno di questi due estremi, custodita in una narrazione che ripercorre in modo insolito un'avventura musicale lunga cinquantacinque anni.  Fondatore e tastierista dei Nomadi, Carletti ha attraversato la storia recente di questo paese restituendoci in queste pagine un affresco storico ricco di aneddoti gustosi, di incontri preziosi, di particolari inediti. Dagli esordi appena quindicenne alle prime esperienze nelle balere, dai grandi tour teatrali alle migliaia di concerti di piazza che lo porteranno ai quattro angoli del mondo, il protagonista di queste pagine ha sempre coltivato un rapporto solidissimo con le sue origini emiliane. E proprio l'attaccamento incondizionato alle proprie radici e l'amore per quella terra che gli ha dato molto e alla quale è sempre rimasto fedele, saranno alla base del concerto in favore dei terremotati dell'Emilia messo in piedi da Carletti a tempo di record grazie a una tenacia invidiabile. E poi ancora la tournée americana, il concerto di Roma condito dalla presenza di Benigni che prende in braccio Berlinguer, gli inevitabili attriti e le immancabili perdite, prima fra tutte quella incolmabile dell'amato Augusto, collega, amico, compagno di viaggio e fratello. Protagonista assoluta di questa narrazione è la musica, vera grande passione di Carletti, coltivata sin da adolescente e condivisa con amici, musicisti e non, che hanno lasciato un segno profondo nelle vicende biografiche dell'autore oltre che nella storia della musica italiana. Zucchero e Luciano Ligabue, Francesco Guccini e Laura Pausini e ancora Maurizio Vandelli e Alberto Salerno sono solo alcune delle apparizioni che animano queste pagine. Il libro rappresenta un imperdibile spaccato della storia musicale di questo paese dai primi anni Sessanta i giorni nostri. Rettani in questi ultimi tre anni collabora come autore e compositore con Patty Pravo, Laura Pausini, Francesco Renga, Noemi, Le Deva, Tony Maiello, Michele Zarillo e ovviamente con gli stessi Nomadi. L’autore è anche collezionista d’arte: ideatore e fondatore, oltre che dell’etichetta “Dischi dei sognatori”, del “Museo dei Sognatori” (vincitore nel 2014 del Premio Margutta per l’arte), uno spazio che accoglie arte, rassegne, mostre, esibizioni a Roma.

 

AURELIO PICCA E L’ARSENALE DI ROMA DISTRUTTA

Roma è stata mille Anna Magnani. Una di quelle donne che urlavano quando Monzón picchiava Benvenuti. La madre dei ragazzini del Bambin Gesú, di quando la luce di Monte Mario calava dentro l’Olimpico di Chinaglia, di Ciccio Cordova, di Bruno Giordano e di Totti. Gloria e struggimento. La Roma delle verduraie, dei pizzicagnoli con la brillantina e lo zinale immacolato. Di quando ci si baciava dentro la Cinquecento o si faceva l’amore nei parcheggi. Del sesso di Pasolini che, nello scatto di Dino Pedriali, sopravvive alla sua morte. Dei testacoda sulla Nomentana. Quella Roma, che oggi sembra sepolta nella distruzione, Aurelio Picca nel romanzo “Arsenale di Roma distrutta” (Einaudi) prepara invece in questo romanzo la riscossa per battere il mondo infame. Una sghemba autobiografia topografica, dove memorie personali e racconti di personaggi tanto veri da sembrare romanzeschi si intrecciano alle mutazioni di una città scintillante e livida, plebea e maestosa, madre e meretrice, pura e criminale, sempre oscena, che da millenni si allena ogni giorno al “gioco dell’immortalità”. Picca ha pubblicato, tra gli altri, la silloge Per punizione (Rotundo 1990), la raccolta di racconti La schiuma (Gremese 1992), e i romanzi L’esame di maturità (Giunti 1995, Rizzoli 2001), I mulatti (Giunti 1996), Tuttestelle (1998, Premio Alberto Moravia, Superpremio Grinzane Cavour), Bellissima (1999), Sacrocuore (2003), Via Volta della morte (2006), Se la fortuna è nostra (2011, Premi Hemingway e Flaiano), tutti per Rizzoli; e, per Bompiani, Addio (2012), Un giorno di gioia (2014) e il poema civile L’Italia è morta, io sono l’Italia (2011).

 

“LA STANZA CHIUSA” DI DEBORAH BRIZZI

Marta Pinto, protagonista del romanzo “La stanza chiusa” di Deborah Brizzi (Mondadori) è una ragazza giovane. Frequenta l’Università e ha una madre completamente assente. Potrebbe passare per una di quelle persone “privilegiate” a cui la vita ha concesso tanto: è ricca, ha avuto la possibilità di avere una vita agiata, sua madre è un architetto famoso sempre in giro per il mondo. Eppure Marta non è felice. Si sente sola. Lo è sempre stata, fin da bambina. La sua tata è sempre stato il suo punto di riferimento. Ora è troppo grande, come le direbbe sua madre, per provare dei sentimenti del genere. Dovrebbe essere più forte, più indipendente. Ma non è così. Marta ha fatto una brutta caduta e ha dolori nella zona lombare. Si rivolge ad un medico: il dottor Antonio Guareschi. L’uomo non le fa una buona impressione, ha qualcosa nel modo di guardarla che non le piace. Qualcosa che la fa rabbrividire. Marta si fa forza e decide di non lasciarsi influenzare da questa sensazione. Vedrà il medico per le altre sedute e starà meglio… Norma Gigli, dapprima in servizio sulle volanti, è diventata vice ispettore. Non le piace il suo nuovo ufficio. Vorrebbe tornare alla sua vita di prima, alle notti in bianco passate in auto, alla strada che la chiama. Il suo nuovo capo le dice che “qualcuno” l’ha raccomandata e che per almeno un mese dovrà restare in ufficio. Norma non ha idea di chi possa averlo fatto. Non ha bisogno di raccomandazioni e desidera solo tornare alle volanti. Un pomeriggio come tanti, a sporgere denuncia davanti a lei compare Marta Pinto. Impacciata, timida, la ragazza non termina nemmeno di denunciare: riceve una telefonata, va via. Norma ha capito che c’è qualcosa che non va e non mollerà la presa fino a che non sarà tutto chiaro. “La stanza chiusa” è il secondo romanzo di Deborah Brizzi, che lavora realmente in polizia, dopo Ancora notte. Anche in questo libro la Brizzi si cimenta con un argomento forte e di grande attualità: gli abusi che quotidianamente subiscono le donne, abusi che spesso passano in silenzio. Lo sguardo della scrittrice è però qui molto più ampio. Il romanzo ha una trama complessa: le protagoniste non sono solamente Marta Pinto (la vittima che innesca l’indagine) e Norma Gigli, l’ispettrice. C’è un intero condominio di donne che vivono assieme e che hanno stretto un patto di solidarietà femminile, di aiuto e sostegno reciproco. A capo delle donne c’è Edda Vargas, una signora che ha potenti collegamenti con la polizia e che farà di tutto per tenere al sicuro la sua “famiglia allargata”. Il romanzo è ricco e corposo, polifonico, le storie di tutte le donne si mescolano, si intrecciano e si contaminano. Sono tutte donne che hanno, nel loro passato, subito violenza e che hanno trovato un modo, seppure poco ortodosso, di difendersi. La lettura è piacevole, il romanzo scorre nonostante la “mole”: probabilmente condensare e mettere a fuoco meno narrazioni parallele avrebbe evitato una certa dispersione di tensione e di pathos. La stanza chiusa è comunque un’opera godibile e piacevole, un noir che ci tiene incollati, ci fa sorridere, ci porta in una Milano che non conosciamo. Deborah Brizzi ci costringe a riflettere, se mai non lo facessimo, sulla condizione della donna nel nostro Paese, sugli abusi e sulle violenze, sul silenzio che da sempre avvolge tutto questo: bisogna farsi coraggio e denunciare, non vergognarsi e non colpevolizzarsi.

 

 

STATI UNITI, L’ISOLA AL CENTRO DEL MONDO  

Lo spostamento dell’asse geopolitico del mondo alimenta negli Stati Uniti la paura che il meccanismo di promozione sociale, alla base dell’American way of life, si sia inceppato. Quando gli americani hanno paura, tendono a ritirarsi nella propria isola, convinti che le minacce non possano che arrivare dall’esterno. Con la promessa di fare tornare l’America great again, Donald Trump ha interpretato con successo il mito dell’insularità, che affonda le radici nella storia del paese. Per questa ragione, per cercare di capire gli Stati Uniti di oggi, è indispensabile un’analisi geopolitica, che permetta di individuare le cause remote dei fatti recenti e di prospettare possibili scenari futuri. Per gli Stati Uniti, ma anche per il resto del mondo. “L'isola al centro del mondo. Una geopolitica degli Stati Uniti” è il titolo del saggio di Manlio Graziano pubblicato dalla casa editrice “Il Mulino”. L’autore insegna Geopolitica e Geopolitica delle religioni alla Sorbona, a HEC e al Geneva Institute of Geopolitical Studies. Tra i suoi libri per il Mulino “Guerra santa e santa alleanza” (2014), «In Rome we trust” (2016) e “Frontiere” (2017). Collabora al Corriere della Sera e a Limes.

 

QUESTIONE DI VIRGOLE, PUNTEGGIARE RAPIDO E ACCORTO

“Riappropriamoci delle nostre parole, e dei binari che le fanno scorrere felici. Avviciniamoci alla punteggiatura con un po’ di sprezzante curiosa allegria”. La virgola e il punto fermo hanno fagocitato il punto e virgola e i due punti. I catastrofisti dicono che rimarremo solo con il punto (o ‘soli con il punto’): più che una scrittura telegrafica è un ritorno al telegrafo. Eppure, con una sola virgola ben messa si può illuminare una pagina. Allora, cosa si può e cosa non si può fare con questi segnetti meravigliosi? E soprattutto: come li hanno usati gli altri, quelli bravi e molto più autorevoli di noi? “Questione di virgole. Punteggiare rapido e accorto” di Leonardo G. Luccone tenta di fare chiarezza. Con semplicità e metodo, e la guida di mirabili scrittori, racconta gli usi corretti ed errati di virgola e punto e virgola, a partire da casi reali tratti da romanzi, saggi, articoli. Incontreremo autori che usano la punteggiatura in modo automatico e naturale, come se fosse il respiro del testo; altri che la usano come un’arma, come manifesto estetico ed esistenziale. Affronterete le incertezze della vostra punteggiatura, ad una ad una, anche quelle che non sapevate di avere. Sfideremo gli ‘atroci dubbi’, eviteremo le trappole, disinnescheremo le mine – con leggerezza e senza paura di sbagliare, perché la creatività ci permette di allargare i confini delle norme. Provate a tirare l’elastico: che i vostri segni-lucciola diventino fari per illuminare le vostre idee. Pronti a rifare la punta alla punteggiatura?

 

(© 9Colonne - citare la fonte)