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direttore Paolo Pagliaro

Il genio di Verdi
illumina il presente

Il genio di Verdi <br> illumina il presente

di Paolo Pagliaro

(28 giugno 2018) La proposta di sostituire l’inno di Mameli col Va’ Pensiero, che per tante estati ci ha tenuto occupati, non è più all’ordine del giorno, rimpiazzata da altre urgenze. Resta il fatto che Giuseppe Verdi, è stato tra i pochi - insieme a Machiavelli, Leopardi, Gramsci, Fellini - in grado di descrivere gli italiani non per come credono di essere, ma per come sono.
E’ la tesi sostenuta da Alberto Mattioli nel libro “Meno grigi più Verdi”, pubblicato da Garzanti. Verdi vi è ritratto come una sorta di antropologo di una popolazione dai curiosi usi e costumi, un intellettuale capace di mettere in rilievo vizi e virtù ancora perfettamente riconoscibili nella nostra società. Osserva Mattioli che la prima scena del “Rigoletto” sembra svolgersi durante una delle cene eleganti di Arcore; il protagonista di “Un ballo in maschera” è l’archetipo del bamboccione di provincia, già pronto per comparire nei “Vitelloni”; Radamès è il ragazzo di buona famiglia che si innamora della colf immigrata Aida invece che di un mezzosoprano socialmente compatibile.
Nell’opera di Verdi ci sono i caratteri della società italiana. C’è il puntuale ricorrere di catastrofi che si riproducono pressoché uguali nelle più diverse contingenze storiche, guerre perse facendo gli stessi imbarazzanti errori, iniziative diplomatiche sballate, retorica spacciata per politica, clamorose malversazioni o semplici cialtronerie amministrative, per limitarsi alle sciagure pubbliche. C’è la sorprendente resistenza di istituzioni come la Famiglia o la Chiesa. O la radicata sfiducia in altre come lo Stato.
Nelle opere geniali di Verdi c’è dunque una bussola che aiuta a orientarsi nel presente.

(© 9Colonne - citare la fonte)