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Emigrazione, Sangregorio (Usei): sogno un 'ponte' tra l’Italia e l’Argentina

Emigrazione, Sangregorio (Usei): sogno un 'ponte' tra l’Italia e l’Argentina

“E’ difficile poter fare un bilancio dopo appena due mesi di mera propaganda”. A parlare, a poco più di due mesi dalla nascita del Governo giallo-verde, è il deputato eletto in Sud America Eugenio Sangregorio, imprenditore calabrese emigrato giovanissimo a Buenos Aires e fondatore e presidente dell'USEI – Unione Sudamericana Emigrati Italiani. A lui abbiamo chiesto come sta vivendo l’esperienza a Montecitorio, che rapporto ha con la sua terra d’origine, cosa ne pensa del fenomeno dei “cervelli i fuga” e che consigli dare a un giovane italiano che emigra oggi.

 Sangregorio, ha detto che “la politica non è solo palazzo ma anche rapporti umani e emozioni”. Ci racconta come ha vissuto i primi mesi da parlamentare? 

“I primi giorni sono stati una buriana snervante, soprattutto per capire la complessa macchina della burocrazia che regola il palazzo. Da settimane, però, abbiamo iniziato a lavorare per rendere concreti i progetti, le idee, le promesse fatte durante la campagna elettorale. In questo senso sono emozionato perché porto tra gli scranni la voce di tanti nostri connazionali lontani dall’Italia ma vicini alla Patria, forse ancora di più, rispetto a chi la vive nel quotidiano. Se ho vinto, significa che il mio messaggio è riuscito ad abbattere il muro di diffidenza nei confronti dei politici di professione. All’algido, dall’eloquio forbito, oggi è preferito chi esprime concetti anche complessi in maniera immediata e utilizzando parole semplici. Io voglio essere un politico del popolo; perché sono un uomo del popolo; non perché me lo imponga per motivi elettorali. Io sono stato e sono vicino alla gente. Per essa mi sono impegnato: nella vita come imprenditore, senza mai tirarmi indietro davanti alle sfide, e ora come deputato. Con lo stesso spirito ho intrapreso l’avventura parlamentare perché credo nella buona politica, quella della positività e della vicinanza alla gente”.

Cosa ne pensa del decreto dignità?

“Bisognerà attendere l’inizio del mese di settembre per comprendere quale sarà realmente la portata del decreto Dignità, convertito in legge proprio in questi giorni  con i voti della maggioranza che per altro non ha tenuto conto dei numerosi emendamenti migliorativi proposti dagli altri parlamentari”.

Per una settimana è stato in missione in Calabria. Che rapporti ha con la sua terra?

“Il rapporto tra me e la Calabria è identico a quello di una madre con il proprio figlio. Il cordone ombelicale, pur se tagliato da un’ostetrica, resta vitale e in modo eterno a ricordare un legame indissolubile. La Calabria è una terra meravigliosa che però necessita di essere rilanciata, rivalutata. Tra i calabresi si avverte un forte bisogno di rinnovamento e cambiamento radicale, che ponga termine a una fuga che è diventata inarrestabile. Giovani e interi nuclei famigliari hanno ripreso la via dell’emigrazione come non avveniva dagli anni 50-60; e secondo le stime di autorevoli istituti, lo spopolamento delle aree interne e la mancanza di lavoro e servizi porterà nei prossimi 50 anni ad un calo demografico di un quarto della popolazione residente. La Calabria ha bisogno di riforme, istituzionali, strutturali, sociali che ridisegnino il modello sociale, di sviluppo. Non è più rinviabile una riforma della partecipazione pubblica finalizzata sia a eliminare gli sprechi che in questi anni, spesse volte, sono sfociati in inchieste giudiziarie da parte delle Procure calabresi, sia a rilanciare le stesse come strumento di sviluppo regionale e di crescita sociale, economica ed occupazionale. Occorre un piano straordinario di sviluppo e lavoro che metta in connessione le opportunità derivanti dai diversi strumenti di programmazione. In questo senso il mio sogno è quello di convincere i miei colleghi politici della necessità inderogabile di aprire un ponte di investimenti tra L’Italia e l’Argentina, proprio per far crescere le nostre due Nazioni. Siamo ancora in tempo per diventare avanguardia culturale ed economica da contrapporre alle più forti economie mondiali”.

 

In 16 anni hanno lasciato il Sud 1 milione e 883mila residenti, la metà giovani.

“Tra il 2006 e il 2016, sono stati più di 54 mila i giovani che hanno deciso di cercare fortuna fuori regione. Perché si parte? Si parte perché manca un’adeguata offerta lavorativa. Una chiave per contrastare la fuga dei cervelli è anche la formazione. Lo squilibrio è evidente: dietro i 200mila laureati che hanno abbandonato il Mezzogiorno negli ultimi dieci-quindici anni, secondo quanto documentato dalla Svimez nell’ultimo Rapporto, c’è il vuoto, non ci sono cioè altrettanti cervelli in grado di riempire gli spazi e di garantire al rapporto formazione-impresa-lavoro opportunità competitive”.

Che consiglio sente di dare oggi a un giovane che emigra?

“Ho vissuto all’estero più di metà della mia vita. Sono un cittadino glocal: poco global, tanto local. Sono attaccato alle mie origini. All’estero, lo stile di vita italiano è preso a modello: la maggior parte degli stranieri pensa che lavoriamo poco, abbiamo ottimo cibo e bellissime spiagge. Ci invidiano. Questo però è il classico stereotipo. Non basta la bellezza per essere attraenti. Così a chi emigra consiglio sempre di essere se stesso e di coltivare i propri sogni portandosi dentro però la bellezza italiana. Io l’ho fatto, con determinazione. E oggi sono felice della mia vita, anche se l’ho passata lontano dalla Calabria e dalla mia amata Italia che ora però ho l’onore di rappresentare alla Camera come Deputato».

(red – 7 ago)

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