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CICLISTI, “GHOST BIKE”
CONTRO LA STRAGE

CICLISTI, “GHOST BIKE” <BR>  CONTRO LA STRAGE

Roma, 13 dic - A Roma da questa mattina una ghost bike, una bicicletta dipinta di bianco, è stata posizionata per ricordare nell’incrocio in cui ha perso la vita all’alba di giovedì scorso, tra le vie Merulana e Manzoni, il 61enne ciclista Luigi Santo Gervasi, travolto ed ucciso da un pulman. Sul posto al momento un sit-in di protesta promosso da Salvaciclisti, Fiab Roma Ruota Libera e ciclofficina Macchia Rossa (dove è stata realizzata la bicicletta per Gervasi) per chiedere che su questa arteria stradale venga rispettato il limite orario a 30 km, già in vigore e per impegnare il Campidoglio ad interventi di tutela della ciclomobilità. Tra i presenti anche Alfredo Giordani di Vivinstrada e vicepresidente della Consulta cittadina per la sicurezza stradale, che parla in diretta ai microfoni di una troupe del Tg3. Si sollevano gli striscioni davanti alla “ghost bike” e la protesta va in diretta. “Questa ormai triste tradizione - ci spiega Lucio Gregorini di Fiab Roma Ruota Libera e tra i promotori della ciclofficina Macchia Rossa nel quartiere della Magliana - nasce con la morte di Eva Bodhalova, la ciclista uccisa da un taxi nella notte tra il 28 e il 29 ottobre 2009 in via dei Fori Imperiali. E da lì in poi - un po’ per protesta, un po’ per ricordare che anche i ciclisti sono utenti della strada - si mettono delle biciclette bianche dove muore un ciclista. E’ una forma di protesta molto forte perché le persone che vedono la ‘ghost bike’ si rendono contro che anche i ciclisti muoiono, oltre che i pedoni. In questo caso la meccanica dell’incidente non è ancora chiara e sospenderei il giudizio. Ma basta vedere come viene sfruttata questa strada che sembra una autostrada nel centro di Roma, una città secolare. Le macchine sfrecciano, così i pullman, c’è il limite a 30 km orari non rispettato. Quindi, in realtà, se l’autista del pullman avesse tenuto un comportamento corretto, ci sarebbe probabilmente stato lo scontro ma non sarebbe morto il ciclista, probabilmente avrebbe avuto tempo per spostarsi”. Secondo la prima ipotesi Luigi Santo Gervasi sarebbe stato travolto dal pullman, che opera il servzio di trasporto tra l’aeroporto di Ciampino e la stazione ferroviaria di Roma Termini, mentre con la sua bicicletta si era immesso sulla sede stradale, scendendo da un marciapiede per attraversare l’incrocio, come avrebbe fatto un pedone. L’autista afferma di non averlo visto e di essersi fermato alcune decine di metri più avanti solo dopo aver sentito la bicicletta, ormai ridotta ad un rottame, trascinata sotto le ruote. Uno snodo che all’ora dell’incidente, intorno alle 6 del mattino, appare molto buio, attorniato com’è da alti edifici e scarsamente illuminato. Lo sottolinea un cicloattivista, presente al sit-in: “Un cittadino ci ha indicato che l’illuminazione a led, montata 7 mesi fa per illuminare questo incrocio, in realtà non ha mai visto la luce. Il filo non è mai stato collegato alla corrente elettrica”. Tra i presenti anche Marco Martens dello staff tecnico dell’assessorato infrastrutture del Campidoglio, che precisa: “Sono qui a manifestare in veste di cittadino, come ciclista urbano che da 40 anni si muove in bici in tutta Roma. Siamo qui riuniti senza nessuna connotazione politica non essendoci alcuna controparte a relazionarci con noi. Perché non c’è? No comment”. Interviene anche Lugi Menna di Fiab Roma Ruota Libera: “Sono qui per ricordare l’ennesima persona morta sulla strada e fino ad adesso mi sento fortunato perché la sera riesco a tornare a casa in bicicletta. Questa è la dura realtà. Stiamo cercando di fare in modo che la gente si accorga che esiste un modo alternativo di muoversi in città. Aspettiamo dal terreno teorico si passi a quello pratico. Mi rendo conto che è molto difficile una situazione come Roma però è anche vero che i ciclisti stanno aumentando come numero. Per cui cercare di aumentare gli spazi per le biciclette significa anche avere meno auto in strada, meno inquinamento e meno anche disservizi per i mezzi pubblici che potrebbero muoversi più agevolmente”. Stefania Salomone di Salvaciclisti - movimento romano nato il 28 aprile 2012 in occasione della manifestazione per la sicurezza indetta su viale dei Fori Imperiali nei pressi della “ghost bike” di Eva Bodhalova -, afferma esibendo un cartello con un limite di velocità a 30 km/h: “Dalla nostra manifestazione del 2012 purtroppo abbiamo constatato che le cose non sono migliorate di molto. Il nostro motto è ‘La civiltà ha un limite’, il limite è a 30 km orari, ci sono molte zone che dovrebbero essere rese a 30, zona residenziali, davanti alle scuole. E’ quello che stiamo cercando di ottenere da questa amministrazione. Non si può più morire in bicicletta in questa città”. Lugi Santo Gervasi è la 149ma vittima sulle strade di Roma dall’inizio dell’anno, di cui circa la metà pedoni, dei quali oltre il 40% investiti sulle strisce pedonali per quella che viene definita ormai una “strage silenziosa” (il dato nazionale è di oltre 3mila morti l'anno). Sempre nel 2018 Gervasi è stata la persona ad essere stata travolta ed uccisa da un pullman. Prima di lui, entrambi pedoni, e sempre nel centro di Roma, la 22enne Caterina Pangrazi, investita nel luglio scorso in corso Vittorio Emanuele ed il 54enne vice prefetto Giorgio De Francesco, nell’ottobre scorso, mentre attraversava sulle strisce pedonali in via Cavour, insieme alla moglie, rimasta illesa. (Grc / 13 DIC)

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