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Arlia, il Maestro amato all’estero si racconta: “Dove c’è bellezza nasce ispirazione”

Arlia, il Maestro amato all’estero si racconta: “Dove c’è bellezza nasce ispirazione”

Lui si definisce un insegnante (“ho un bellissimo rapporto con i miei studenti, mi diverto”), un artista (“sul palco cerco di trasmettere al pubblico tutta la mia passione per la musica”) e un organizzatore di eventi (“dirigo la prima stagione sinfonica del Teatro Politeama di Catanzaro”). Per la critica internazionale è uno dei più brillanti e versatili musicisti italiani della sua generazione. Certo è che Filippo Arlia, classe ‘89, pianista e direttore d’orchestra è un talento. Un talento che si è fatto apprezzare nella sulla sua terra, la Calabria, e in tutto il Paese. E che presto ha superato i confini nazionali: negli ultimi anni ha diretto prestigiose orchestre in tutto il mondo e ha tenuto 400 concerti come solista e direttore in più di 25 paesi. Arlia è da poco tornato da Mosca e a fine maggio sarà a Gerusalemme. Più in là tornerà in Egitto, in Romania, in Ucraina. Tra una tournée e l’altra, le lezioni al conservatorio di Nocera Terinese, in provincia di Catanzaro: “Ci sono tanti giovani talentuosi e noi rischiamo di farli emigrare perché non diamo loro i giusti ‘strumenti’. Un peccato. Anche mio nonno emigrò in Brasile. Era un commerciante. Cosa amava fare nel tempo libero? Andare all’opera”. Forse l’amore per l’opera era nel DNA di Aralia che - complice il fatto di avere due genitori musicisti -, si è avvicinato giovanissimo al mondo della musica che presto è diventato il suo lavoro: “Sono felice delle mie esperienze internazionali e suggerisco di farle anche ai miei studenti. Il confronto con altre realtà è importante. Negli ultimi anni ho viaggiato tanto – aggiunge Arlia - Brasile, Bulgaria, Polonia, Germania. Rimanere a lavorare in Italia è una scelta difficile ma poter fare lirica in Calabria mi riempie di orgoglio”.

IL SUD E LE ESPERIENZE ALL’ESTERO “Il mio lavoro è tanto faticoso quanto emozionante” racconta Arlia che è convinto che per avere successo nella vita “è fondamentale crederci e io ci ho sempre creduto”. Forse l’essere calabrese un po’ lo ha aiutato: “Chi nasce e cresce in piccole realtà del sud sa che dovrà faticare il doppio di chi magari vive in una grande città o in una capitele europea, in un Paese che culturalmente ed economicamente sta avanti. Specie se decide che la sua vita è la musica classica. Se un giovane decide di intraprendere questa strada sa che dovrà essere forte, tenace, costante. Ma sa anche che ha una grande fortuna: quella di vivere in una terra di straordinaria bellezza. E solo dove c’è bellezza può nascere ispirazione”. Impegno, studio, dedizione hanno portato lontano il giovane Maestro: “Tra le emozioni più grandi quella alla Carnegie Hall di New York e alla Cairo Opera House – dice Arlia – dove sono rimasto colpito dal pubblico. C’era tantissima gente, anche gente in short e maniche corte. Cose impensabili da noi, dove l’opera è avvertita ancora come qualcosa di elitario e distante, destinata ad un pubblico adulto. Niente di più sbagliato: siamo il Paese di Verdi, di Rossini, di Puccini. Le loro composizioni sono sinonimo di cultura, civiltà, arte. Appartengono a tutti. Anche ai giovani”.

I GIOVANI E IL TEATRO. E a proposito dei giovani il Maestro spiega: “Oggi sono 4000 i ragazzi che studiano la musica classica in Calabria. Senza un'orchestra stabile, tuttavia, saranno costretti ad andare all’estero. Una fuga che impoverisce”. Proprio per contrastare questa fuga di talenti è nato il progetto dell’Orchestra Filarmonica della Calabria che vuole “creare delle aspettative professionali in una regione che non ha Istituzioni Concertistiche Orchestrali”. “Un popolo che ascolta musica classica – dice Arlia - è un popolo civile. La musica classica migliora. Un ragazzo che decide di comprare un disco di musica classica difficilmente un domani avrà la tentazione di commettere un furto”. Secondo Arlia la musica classica ha bisogno però anche di “reinventarsi e di avvicinarsi ai giovani”. Da dove iniziare? Da piccoli gesti: “Dobbiamo trovare il modo per attirare i ragazzi. Siamo nell’era dei social, lasciamo ai giovani che vanno a teatro a vedere un’opera, che dura non poco ma quattro ore, la possibilità di scattare una foto e di postarla sui social. Un selfie può generare curiosità. La curiosità interesse. E magari a teatro, la prossima volta, ci sarà qualche poltrona in più occupata da un ragazzo pronto a innamorarsi della musica classica”.  (20 feb -Gil)

(© 9Colonne - citare la fonte)