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Tassare i soldi
che teniamo in banca?

Tassare i soldi <br>che teniamo in banca?

di Paolo Pagliaro

L’idea di tassare il contante custodito nelle cassette di sicurezza – rilanciata e poi subito ripudiata da Salvini – conferma che c’è un serio problema di finanziamento delle politiche pubbliche ma non è farina del sacco leghista. Da molti anni governi di ogni tendenza sperano di far quadrare i conti attingendo all’economia sommersa e al denaro che non lascia traccia. Gli scudi fiscali di Berlusconi e Tremonti, le due voluntary disclosure targate Pd altro non erano che il tentativo di far emergere capitali sottratti a tassazione. La scorsa estate la Lega aveva presentato un progetto che consentiva il rientro dei capitali in contanti o custoditi nelle cassette di sicurezza con il versamento di una cedolare che il Carroccio ipotizzava al 15 o al massimo al 20 per cento. Poi non se ne è più fatto niente.

Intendiamoci, in molti casi il contante custodito in banca altro non è che un lecito risparmio. Ma in altrettanti casi si tratta invece del frutto di evasione fiscale, riciclaggio o attività criminali.

Nel 2016, secondo l’osservatorio del Mef, l’economia non osservata (sommerso economico e attività illegali) valeva in Italia circa 210 miliardi di euro, pari al 12,4% del Pil. Ma ci sono fonti internazionali che propongono stime molto più allarmanti. Secondo un recente studio dell’Università di Linz, l’economia sommersa in Italia vale il 24% del prodotto interno lordo. Fanno peggio solo alcuni paesi dell’Est, mentre in Francia, Germania e Olanda il sommerso vale dal 10 al 15 per cento. E’ chiaro che se l’Italia riuscisse ad allinearsi alla media europea, che è del 16%, potrebbe risolvere gran parte dei suoi problemi finanziari. Nell’attesa che il nero si riduca, si fanno leggi che lo incentivano come l’innalzamento della soglia del contante perché – ha spiegato Salvini – “ognuno deve essere libero di pagare come vuole e quanto vuole”.

(© 9Colonne - citare la fonte)