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direttore Paolo Pagliaro

27 pedaggi burocratici
per costruire qualcosa

27 pedaggi burocratici <br>per costruire qualcosa

di Paolo Pagliaro

Un paio di mesi fa durante un’audizione alla Camera l’amministratore delegato di Anas ha mostrato con una slide perché occorrono in media 5 anni per passare dalla progettazione di un’opera, come ad esempio una strada, alla sua consegna. I passaggi burocratici necessari sono 27.

Si comincia dal dibattito pubblico previsto dal codice degli appalti, si prosegue con la verifica preventiva dell’interesse archeologico, il controllo di sicurezza stradale, la verifica di assoggettabilità alla Valutazione di impatto ambientale, il piano utilizzo terre a cura del ministero dell’ambiente, il parere di compatibilità idraulica di spettanza regionale, la conferenza di servizi.

A questo punto, il progetto di fattibilità tecnica ed economica si trasforma in progetto definitivo e comincia la seconda parte della scalata. Servono, in sequenza, il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, il controllo di sicurezza stradale a cura del Ministero delle Infrastrutture, la valutazione di impatto ambientale e quella di incidenza ambientale da parte del Mibac, l’autorizzazione paesaggistica, i pareri di tutti gli enti interferenti, il certificato di compatibilità idraulica, geologica e geotecnica rilasciato dall’autorità di bacino, l’autorizzazione idrogeologica rilasciata dalla Regione, il nulla osta idraulico, la localizzazione urbanistica e una nuova conferenza di servizi, seguita dalla verifica e validazione a cura di Anas.

A questo punto, trascorsi se va bene dai due ai tre anni, il progetto diventa esecutivo e si deve sottoporre ai nuovi esami: controllo di sicurezza stradale, verifica di ottemperanza, nulla osta idraulico (il terzo della serie), l’approvazione definitiva del piano utilizzo terre, la verifica e validazione da parte di Anas, l’approvazione da parte del ministero. Ora si può indire la gara d’appalto e si possono affidare i lavori, che poi devono essere naturalmente eseguiti nei tempi e con i materiali concordati. Alla fine, l’opera dovrebbe vedere la luce, sempre che la ditta seconda classificata nella gara non abbia fatto ricorso al Tar, ottenendo la sospensione dei lavori. Che questo iter sia terreno fertile per ogni sorta di inefficienza, arbitrio e malaffare, è intuitivo.

(© 9Colonne - citare la fonte)