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direttore Paolo Pagliaro

Com’era intenso
il nostro Novecento

Com’era intenso <br>il nostro Novecento

di Paolo Pagliaro

(2 luglio 2019) Per quella maggioranza di italiani debitrice al secondo Novecento dei propri ricordi, segnaliamo due libri che ne custodiscono e raffinano alcuni non banali.

“Niente di personale”, scritto per la Nave di Teseo da Roberto Cotroneo, è un romanzo sulla nostra storia pubblica in quell’epoca, sugli anni di Fellini e Moravia, del tramonto della prima Repubblica, della nascita del web. Non è un libro nostalgico, ma un invito a non vivere nell’eterno presente e a fare invece tesoro del nostro ricco passato, che oggi abbiamo rimosso e che Cotroneo ebbe modo di apprezzare negli anni in cui, poco più che ragazzo, dirigeva le pagine culturali del settimanale l’Espresso. Era un mondo di gente curiosa, in un’epoca in cui pareva importante la trasmissione del sapere.

E’, quest’ultimo, il tema di cui si occupa anche “Diligenza e voluttà”, libro in cui Garzanti ripropone la conversazione che alla fine degli anni 80 Ludovica Ripa di Meana ebbe con Gianfranco Contini, filologo e critico letterario, uno dei più famosi intellettuali del Novecento. Il mondo di Contini sta nell’indice dei nomi, dove tra gli altri troviamo Gadda e Montale, Pasolini e Cecchi, Croce, Ungaretti, Bacchelli, Rosai, Morandi, Einaudi e Capitini.

Sulla sua vita dedicata con “diligenza” alla “voluttà” dello studio, Contini riflette, molto concedendo a un’intervistatrice mai sazia. Parla dei lettori, dice che il buon lettore deve essere disponibile a lasciarsi invadere dall’animo altrui, e deve essere poligamo, dunque capace di apprezzare la diversità tra le sue amate.

Racconta che tra i suoi scrittori preferiti c’era il banchiere Raffaele Mattioli, che una volta all’anno sul Corriere presentava in un italiano stupendo il bilancio della Comit.

Dice che si può definire poeta solo chi sa unire una favola alla padronanza di un ingranaggio formale.

Contini crede che dovremmo smetterla di definirci creativi, perché la creazione è una cosa seria. E richiama anche gli intellettuali alla consapevolezza del limite: o si legge tutto, o si scrive qualcosa.

(© 9Colonne - citare la fonte)