Agenzia Giornalistica
direttore Paolo Pagliaro

RIPRESINA? CHIUDONO
14 NEGOZI AL GIORNO

La crisi del commercio non è mai finita. Dopo la debole “ripresina” degli anni scorsi, la spesa delle famiglie è tornata a frenare. Se non ci saranno inversioni di tendenza, il 2019 si chiuderà con una flessione dello 0,4% delle vendite, per oltre un miliardo di euro in meno rispetto al 2018: il risultato peggiore degli ultimi quattro anni. A stimarlo è Confesercenti. A pesare è il mancato recupero della spesa delle famiglie italiane, che sono oggi costrette a spendere annualmente 2.530 euro in meno che nel 2011. Una sofferenza non limitata alle sole aree più povere del paese: le famiglie lombarde hanno ridotto i loro consumi del 3,5%, quelle venete del 4,4%, poco meno di quanto avvenuto in Calabria, dove la contrazione è stata del 4,8%. Lo stop della spesa ha inoltre indirizzato le scelte di consumo verso quei canali dove più esasperata è la concorrenza di prezzo, come web e outlet. L’impatto sul commercio è stato devastante. Ormai quasi un’attività commerciale indipendente su due chiude i battenti entro i tre anni di vita. Oggi, rispetto al 2011, ci sono 32mila negozi in meno, un’emorragia che ha portato a bruciare almeno 3 miliardi di euro di investimenti delle imprese. E quest’anno Confesercenti stima che spariranno ancora più di 5mila attività commerciali, al ritmo di 14 al giorno.  “Le difficoltà del commercio, in particolare dei piccoli, sembrano ormai strutturali. C’è bisogno di un intervento urgente per fronteggiarla: chiederemo al governo di aprire un tavolo di crisi” spiega Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti.

SALARIO MINIMO.  L’organizzazione, inoltre, si esprime sulla proposta di legge sul salario minimo, sottolineando che gli aumenti “potrebbero mettere in grave difficoltà migliaia di piccole imprese. In particolare, nel commercio, aprire la porta ad aggravi automatici del costo del lavoro rischia di essere un boomerang per l’occupazione: la coperta è corta, molte attività sono già in una situazione limite e potrebbero scegliere di ridurre la forza lavoro a fronte di ulteriori oneri. Bene dunque la proposta, avanzata dal Governo, di immaginare un meccanismo per salvaguardare le Pmi prevedendo per loro un ‘intervento a costi invariati’”. “Secondo le nostre stime – spiega infine Confesercenti - il salario minimo si trasformerebbe, per commercio e turismo, in un aumento di circa 1 miliardo di euro al lordo delle tasse solo per portare i minimi tabellari a 9 euro. Calcolando anche gli effetti a ‘cascata’ dovuti alla scala parametrale, l’incremento di costi per le imprese del settore servizi arriverebbe a circa 7 miliardi di euro. Una batosta insostenibile per le attività di minori dimensioni”. (PO / Roc – 22 lug)

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