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direttore Paolo Pagliaro

La lettera che il vescovo
ha riscritto tale e quale

di Paolo Pagliaro

(13 settembre 2019) Al premier Conte, che oggi ad Accumoli ha incontrato i sindaci delle comunità colpite dal terremoto del 2016, il vescovo di Rieti monsignor Domenico Pompili ha consegnato la stessa lettera che gli aveva scritto 14 mesi fa, quando era appena entrato in carica il governo gialloverde. “Ho cambiato la data, aggiornandola, e ho cambiato il finale” ha spiegato il vescovo al quotidiano Il Tempo. “Prima auspicavo che il governo del cambiamento desse buona prova di sé sul piano della ricostruzione. Ora ho sostituito con governo della svolta. Per il resto però le richieste rimangono le stesse perché qui, nelle zone terremotate, tutto è rimasto uguale”.

La piccola provocazione del vescovo vale in realtà un trattato di scienza della politica, è un gesto che rivela i limiti e le incongruenze di un governo della cosa pubblica basato sugli annunci e sul loro prevedibile benefico effetto propagandistico. Ma ci parla, questa lettera riscritta uguale tanto tempo dopo, anche dei difetti di un’informazione molto interessata all’elemento del conflitto e allo scontro ideologico ma assai meno al merito dei provvedimenti e soprattutto alle loro conseguenze concrete.

Ad Amatrice e in molti altri paesi del centro Italia colpiti dal terremoto di tre anni fa manca qualsiasi segnale che faccia intendere che la ricostruzione è iniziata. Anche perché dal 2016 a oggi si sono avvicendati ben tre governi e tre commissari straordinari, e tutti hanno promesso discontinuità.

“Ma una classe politica – osserva ancora il vescovo - non può pensare ogni volta che c’è un cambio di azzerare la situazione e ricominciare daccapo. Così non si ricostruirà mai niente”.

(© 9Colonne - citare la fonte)