di Paolo Pagliaro
(18 settembre 2019) Il 30 settembre e il primo ottobre scioperano i commercialisti, che non invieranno i loro modelli F24 e diserteranno le udienze nelle commissioni tributarie. E’ una protesta contro l’eccesso di burocrazia e la giungla normativa che rendono sempre più complicato il lavoro degli studi e sempre meno certi i diritti e i doveri dei contribuenti. Lo sciopero prende spunto dal caos che si è creato con l’introduzione degli Isa, gli Indici sintetici di affidabilità che hanno preso il posto degli studi di settore.
Ma questo è solo il casus belli. In realtà il disagio dei professionisti nasce dal fatto che le regole del gioco (cioè leggi decreti e regolamenti) cambiano in continuazione, spesso senza una logica e senza buon senso, come nel caso delle circolari emanate ad agosto per disciplinare gli adempimenti obbligatori a settembre.
Dal 2015 a oggi i commercialisti hanno dovuto fare i conti con 53 novità normative definite “ad elevato impatto operativo”. Si sono registrati 20 nuovi adempimenti solo quest’anno, un 2019 già particolarmente complicato per via dell’introduzione generalizzata della fatturazione elettronica e dei corrispettivi telematici.
Ogni governo colloca la lotta alla burocrazia in cima alla propria agenda. Ma le politiche di semplificazione sono scandite esse stesse da bulimia normativa. Dal 2007 a oggi abbiamo contato una decina tra piani d’azione, linee guida, programmi e agende per la riduzione dei procedimenti amministrativi, fino alla recente legge per la semplificazione fiscale. Ma i risultati tardano a venire.
Da una recente indagine su 94 ordinamenti tributari di tutto il mondo, quello italiano risulta il terzo sistema fiscale più complicato dopo quelli di Turchia e Brasile.