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Criminali libici
referenti dell’Italia

Criminali libici <br> referenti dell’Italia

di Paolo Pagliaro

(7 ottobre 2019) La guardia costiera libica, da anni referente nostro e dell’Unione Europea per la politica migratoria nel Mediterraneo, è un flebile simulacro di autorità statale, visto che in Libia lo Stato non c’è. Ma è soprattutto un’accozzaglia di milizie e mercanti di esseri umani. Nel grande e ipocrita gioco della politica e delle sue convenienze questo si tende a non dirlo. Ma è comunque bene saperlo.
Da alcuni giorni il quotidiano Avvenire sta pubblicando un’inchiesta ripresa dai principali media internazionali. Il giornalista Nello Scavo ha rivelato che due anni fa per fermate i flussi migratori verso il nostro Paese i funzionari del governo italiano hanno trattato anche con un pericoloso criminale, che già l’Onu aveva indicato come boss mafioso e trafficante di esseri umani. Costui era stato ricevuto nel Cara di Mineo, in Sicilia, per discutere con le autorità italiane, presentato come uno dei comandanti della Guardia costiera della Libia. Di quell’incontro Avvenire pubblica anche le foto.
Il libico, nome di battaglia Bija, era stato immortalato poco tempo prima in un video dal Times mentre picchiava selvaggiamente un gruppo di migranti su un gommone. Secondo altre testimonianza validate dall’Onu, Bija avrebbe partecipato all’affondamento di imbarcazioni di migranti utilizzando armi da fuoco, Della delegazione libica in Sicilia facevano parte anche altri torturatori di migranti indicati dalle vittime nel corso di varie inchieste delle procure siciliane.
Con costoro l’Italia ha negoziato modi e costi della gestione dei flussi migratori. Perché fosse solo Realpolitik sarebbe necessario che in Libia migliaia di persone non fossero rinchiuse nei lager gestiti da Bija e dai suoi complici. Ma invece ci sono i lager, ci sono i prigionieri e tra i complici ci siamo purtroppo anche noi.

(© 9Colonne - citare la fonte)