di Paolo Pagliaro

(14 ottobre 2019) I procuratori generali di una quarantina di Stati americani hanno deciso di indagare su Facebook, per verificare se siano state compromesse le libere scelte dei consumatori. La Corte di Giustizia europea ha stabilito che qualunque Paese possa ordinare a questo social network di eliminare in tutto il mondo post, fotografie e video ritemuti illegali. L’indagine di un’università del Texas ha accertato che dopo una settimana trascorsa lontano dai social i 2 mila studenti del campione sono risultati meno depressi e più produttivi. E ieri la liberal Elizabeth Warren, possibile candidata democratica alle prossime presidenziali americane, è tornata a chiedere che si blocchi Facebook, definita una macchina che produce disinformazione a fini di lucro.
C’è un fronte sempre più ampio e combattivo contro lo strapotere dei social media e questo fronte ha trovato la sua bibbia in un saggio scritto dall’economista Shoshana Zuboff, pubblicato in Italia dalla Luiss University Press con il titolo “Il capitalismo della sorveglianza”. Zuboff racconta come Google, Facebook, Microsoft e ora anche Amazon hanno trasformato il sogno digitale in un progetto commerciale famelico. Il problema è che ora i processi automatizzati non solo conoscono i nostri comportamenti, ma li formano.
Dei meccanismi sociali che consentono a menzogne e falsità di condizionare sempre più spesso le nostre decisioni si occupa un altro libro tradotto da poco in italiano. Il titolo è “L’era della disinformazione”, l’editore è Franco Angeli, gli autori sono due filosofi della scienza: Cailin O’ Connor e James Weatherall.
Ci fidiamo di ciò che ci raccontano gli altri. E ci fidiamo soprattutto di chi la pensa come noi. Se poi nello scontro tra una menzogna e una verità i giornalisti pensano di essere imparziali dando lo stesso spazio alle ragioni di entrambe le parti, la menzogna ovviamente ha già vinto.